Il trigesimo del giovane Francesco. Don Ciccio Savino: "Dio condivide con noi le nostre debolezze"

“Quanti di noi avrebbero voluto compiere lo stesso gesto di Gesù dinanzi al sepolcro del figlio di Nain toccando il freddo legno dove era custodito il piccolo Francesco?”

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“Si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!». E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!». Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo». La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione”.  Risurrezione del figlio della vedova di Nain (Cap 7, Vangelo di Luca).

Luca narra di un Gesù in costante contatto con la strada come luogo d’incontro.

La storia della morte del figlio della vedova di Nain è la sintesi del dolore fisico, psicologico, affettivo.

La compassione di Cristo “è entrata nelle sue viscere, diventando il suo dolore”.

“Quanti di noi avrebbero voluto compiere lo stesso gesto toccando il freddo legno dove era custodito il piccolo Francesco?”, chiede durante l’omelia il parroco don Ciccio Savino.

Un gesto di restituzione che tutti avremmo voluto poter compiere.

E segue il silenzio, lo stesso che aveva caratterizzato la celebrazione del funerale del giovanissimo Francesco Berardi, che ha perso la vita tragicamente in un incidente stradale il mese scorso (http://www.dabitonto.com/cronaca/r/ferragosto-di-sangue-sulle-strade-muore-un-bitontino-in-salento-4-i-feriti/4007.htm).

«Ma sapete qual è la grandezza e il limite della nostra fede?– continua – È che la fede deve fare i conti con un Dio non onnipotente, interventista, ma “onnidebole”. Non è un Dio magico ma uno che accetta la sconfitta e condivide con noi anche la debolezza. Quasi sempre la fede è una domanda aperta: perché?».

Le risposte spesso mancano e ancor di più mancano le parole sempre inadeguate per dolori così grandi. 

«Sono stanco e indignato di sentire parole inutili – predica don Ciccio – ma questo è il tempo delle parole inutili: viviamo le barbarie delle parole e i social stanno facendo la loro parte. Senza renderci conto che le parole sono sacre, sacre come le persone i loro corpi, dove si custodisce lo spirito della verità che è Gesù».

I latini dicevano che quando una persona inizia a parlare, comincia il suo percorso di umanizzazione: «Vorrei recuperare la pudicizia delle parole. Soprattutto quando si leggono parole di giudizio sulle persone: Papa Francesco ha indicato 4 i principi fondamentali quando viviamo nel mondo: uno di questi è “La realtà è più dell'idea”».

E conclude con un monito:«Bisogna tornare alla realtà. Basta con gli approcci ideologici, con l'atteggiamento che ci fa negare la realtà. Il virtuale ci sta impedendo di osservare i volti, di avere contatti carne con carne: tutto è diventato interpretazione. Torniamo a vivere la realtà e a saperla vivere».