L'Elzeviro/Strana Italia, ove spesso sono indistinguibili mal fare e malaffare, egregi e delinquenti

E anche a Bitonto la politica ha fatto danni, distruggendo per esempio i Palazzi di Castellucci in Piazza Della Noce

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Scriveva Leo Longanesi: ”La morale è la conclusione delle favole”.
Una ciurma di profittatori sono stati, processualmente, coinvolti per la ”bonifica virtuale” che ha aggravato l’inquinamento delle aree “ex italsider” e “ex eternit” di bagnoli alla periferia di napoli.

Tanto abbiamo appreso, navigando in “Internet”, dal Fatto Quotidiano dell’11 aprile 2013. La bonifica, costata 107 milioni di euro, oltre ad essere stata, Ripetiamo, “virtualmente effettuata”, secondo la procura di napoli, ha di fatto ”comportato una miscelazione dei pericolosi inquinanti su tutta l’area oggetto della bonifica con aggravamento dei suoli rispetto allo stato prebonifica”.
Sì che sussiste un “pericolo ambientale con una immensa capacità diffusiva che coinvolge l’ambiente e l’integrità della salute di un numero non individuabile di persone”.

Insomma, prima sono stati interrati i rifiuti industriali, poi, sull’area usata e abusata è stato costruito il “Parco dello Sport” che, necessariamente, per un vero,  finalmente, non taroccato disinquinamento di tutta l’area, dovrà essere demolito.
Ci sembra di ascoltare dall’aldilà il Profetico Totò Protestare: ”E io pago!”.
Tra gli indagati due ex vicesindaci delle giunte presiedute  da colei che, dopo il padre, ha prezzemolato tutte le poltrone parlamentari, governative, sindacali napoletane, rosa russo iervolino, un alto dirigente del ministero dell’ ”ambiente”, i dirigenti “arpac”, i coordinatori del dipartimento “ambiente” del comune  e della provincia di napoli, i legali rappresentanti e i tecnici delle ditte esecutrici dei lavori di bonifica, il direttore dei lavori.

Colletti bianchi e coscienza nera!
Di cosa può essere stato capace l’”homuncolus erectus” nel trasformare l’”Eden”, qual era il territorio che s’affacciava sul golfo di napoli, in una cloaca piena di escrementi del suo ventre e del suo criminale fare!

La Lettura del “Reportage” del “Fatto Quotidiano” sui misfatti ambientali, ecologici partenopei, CI ha fatto Pensare ad una bella Trasmissione catodica, Condotta da Osvaldo (“Mamma, dammi il Sole!”, Gridava, invano, l’Osvaldo Ibnesiano alla fine del  Dramma “Gli Spettri”) Bevilacqua, dal Titolo “Sereno Variabile”. Ebbene, a differenza della madre ibnesiana che aveva, senza speranza di guarigione la sifilide (metafora di una storia macchiata di egoismi, di soprusi, di crudeltà dall’uomo perpetrate nei confronti del suo simile e della Natura, celati da ideologismi e da ideali mendaci) trasmessa al Figlio Osvaldo, rendendoLo, irreparabilmente, cieco (La cecità  cui va incontro Osvaldo è la metafora dell’impossibilità da parte dell’uomo di essere nella Mente percosso dal Fulgore della Verità, tanta è stata la materia cambronnata, dai millenni sversatagli, capace di costruire un muro di sovrastrutture sottoculturali tra lui e il Sole, per antonomasia, simbolo della Luce Intellettuale), il buon (eccellente in sommo grado) Osvaldo, peregrinando per lo stivale, ci Racconta la Bellezza Tessuta, pazientemente, dalla Natura nel Tempo, fatto di istanti, di giorni, di anni, di secoli, di millenni, di milioni, se non di miliardi di millenni, e di Quella Prodotta dalla Intelligenza e dalla Mano di alcuni Uomini.

Quindi, Siti incontaminati di rara Amenità, Monumenti, Manufatti, Borghi, Opere d’Arte di inimitabile Fattura, Eccezionali, Umane Creature, felicemente, in Consonanza con Essi, di cui è ricca l’Italia. Ancora! “Sed”, fino a quando, se l’italettino è in agguato, molto di più, molto di più del tedeschino, del francesino, dell’austriachino, dello scandinavino nelle loro patrie? Se l’italiettino è capace di vendersi la madre, pur di trafficare, eziandio, su di essa? Figuriamoci se egli si farà scrupoli di coscienza, fidando nella cattiva coscienza di coloro che sono abilitati, istituzionalmente, a rilasciare autografi autorizzativi all’abbattimento di Palazzi, Ville d’ Autore, per speculare sulle aree da Essi sgomberate!

O bitontini, ovviamente, di disonoranda età nell'oggi gonfio di giovanilismo imperante, vi Ricordate cos’era Piazza “Canonico della Noce”? Era un salotto arredato da un maestoso Palazzo Neoclassico e da una, altrettanto, neoclassica Villetta civettuola, ambedue Firmati dall’Architetto Luigi Castellucci; beh, senza troppo ponzare, buttati giù e sulla superficie, ove Essi facevano bella Mostra del raffinato, industre, elegante Talento del loro “Artifex”, innalzati due orrendi casermoni, “location” di anonimi condòmini.
Vorremmo Domandare al caro Amico, Nicola Pice, fino a quando bitonto sarà immersa in “un mare di ulivi”?
Se di essi il suo territorio è stato e continua ad essere spogliato per costruire capannoni, condomìni, piscine, pompe di benzina, campi e campetti di calcio ed altri postriboli, robaccia di umana utenza?

L’ulivo, pianta da sempre sacra, protetta, CI Pare, dall’”Unesco”, ogni giorno, per qualsiasi bitontino malaffare divelta! Di quale Spettacolo NOI abbiamo Fruito, quando Salivamo, oltre sessanta anni fa, sulla terrazza della nostra palazzina e Miravamo il mare verde degli ulivi confondersi con il lucore ceruleo del mare! Siamo stati derubati di quella divina Visione dalla bruttissima bitonto nata nella seconda decade del ’900 del secolo scorso.

Caro Nicola, non passerà qualche decennio che il territorio di bitonto sarà calvo, come la cervice del, fra non molto, non più presidente della repubblichetta italiettina, giorgio napolitano e la tua minestra preferita, di oraziana sobrietà, lo stufato di fave e cavoli, non potrà più essere “ornata”, “abbellita” con il Nettare “du pisciu”, cioè con le gocce d’olio zampillanti dai fiscoli pressati.

Comunque, mal fare e/o malaffare, per limitarCI all’italietta, da quando ? Gli storici dalla stagione plurisecolare dell’antica roma sono propensi a far data, perché di quella hanno documenti storici; infatti, non è peregrino temere che se  prove, attestazioni di qualsiasi tipo, non distrutte dall’inclemente trascorrere dei tempi, emergessero, fossero scoperte, anche le infinite varietà di popolazioni indoeuropee che, secondo Giacomo Devoto, confluirono nell’italietta o la civiltà “etrusco – italica” risulterebbero pregne di grassatori, di concussori, di malversatori, di corruttori, di corrotti.

Allora, ImpegniamoCI nel Dare qualche Cenno sulla corruzione politica in roma antica (repubblicana, imperiale) angariata dalla mancanza di Etica nella vita pubblica, scandalosamente, attuale. Esisteva la “clientela”: il “patrono”, un nobile, affiliava, assumeva nella sua famiglia un gruppo di persone di rango inferiore. I “clienti” per sdebitarsi della protezione, dell’assistenza giuridica loro fornita dal “boss”, dovevano rendergli numerosi servigi, tra i quali l’esimersi dal testimoniare contro di lui.

Più numerosi erano i clienti che si potevano ostentare, più aumentava il prestigio sociale del “boss”. Tanto, secondo Luciano Perrelli, in ”La corruzione politica nell’antica Roma”, fa della “clientela” il modello, sia pure “d’antan”, delle organizzazioni mafiose moderne. Esistevano la corruzione e le malversazioni dei funzionari dello stato. Essi, pur, godendo della mercede di non poco momento dal pubblico erario, in qualità di governatori delle province o di alti gradi dell’amministrazione periferica, vessavano con illeciti diversi le popolazioni soggette a roma.

Verre, l’ingordo, grifagno governatore della sicilia, ai tempi di cicerone, non fu il solo a vantarsi di rubare per sé e per il politico romano al quale si era raccomandato per avere l’incarico che prometteva e permetteva ruberie indicibili in sicilia. Infatti, i giovani pargoli del “cerchio magico” senatoriale o i da poco non più implumi rampolli delle classi emergenti, immoralmente, rampanti, nonostante non avessero qualità e competenze specifiche per aspirare ad occupare, dignitosamente, posti di delicata responsabilità, andavano alla caccia di essi grazie ai quali lucrare, indecentemente.

Così, la raccomandazione del personaggio politico, provvisoriamente, molto in auge era l’unica “degnità”, di cui potersi pavoneggiare, per superare il codazzo dei colleghi questuanti. C’è da rimanere basiti della impressionante attualità del pesante condizionare la Pubblica Moralità, il Bene Comune, l’Interesse Generale da parte di associazioni paramafiose (clientela, amicizia), operative con la corruzione elettorale, brogli, con la concussione, peculato, con bustarelle, appalti, tangenti, con la vendita di posti, di cariche,  con la corruzione dei giudici, con le raccomandazioni.

Non di rado, si è enfatizzata la diffusa esistenza nel corpo sociale romano  del sentimento patrio che imponeva doveri incompatibili con i legami famigliari e amicali. Ecco, l’impeccabile, ipocrita senso dello stato, grimaldello, spesso, adoprato per far fuori amici e, perché no, famigliari che avrebbero potuto, potrebbero ostacolare l’ascesa al potere di qualche presunto giusto, come moro, o, magari, di qualche ambizioso, poco “sereno” nella palude di coloro che non contano! Andreotti, cossiga, zaccagnini, leone, de mita si dichiaravano “amici” di moro e berlinguer, pertini, d’alema, ecc., ecc., ecc. si dichiaravano “estimatori” di moro.

Eppure, per il prestigio di uno stato corrotto, che sarebbe stato dimidiato se i suoi rappresentanti istituzionali fossero scesi a trattare con le “brigate rosse”, gli “amici” lasciarono trucidare l’”amico”, dopo essere stati, ufficialmente, incapaci, volutamente, di individuare la “prigione” del popolo, dove i terroristi avevano requisito l’”amico”. Ebbene, esistono testimonianze storiche di atti concreti del senato romano, ispirati al principio del “supremum officium est utilitas rei publicae” che, senza dubbio alcuno, mascherava l’interesse di un privato o di una cricca di privati. Dopo la “disfatta di canne”, ad esempio, i senatori si rifiutarono di riscattare i prigionieri di annibale, malgrado tra costoro ci fossero molti membri delle famiglie senatoriali più in vista.

Tra i prigioni del cartaginese, c’era, forse, qualche  “competitor” di inflessibili senatori con interessato senso dello stato?
Siano i nostri 25 Lettori a Trarre le razionali Conclusioni! Vogliamo Parlare del reato di “baratteria”, ben conosciuto dal Divino, del quale fu, ingiustamente, accusato e per il quale fu condannato in contumacia all’esilio?
I ”barattieri” erano uomini di bassa condizione che attendevano a illeciti guadagni con frodi, rapine, truffe, giochi di prestigio e di azzardo; tale epiteto si applicava, anche, ai disonesti reggitori della cosa pubblica che, oggi, sarebbero i malversatori o coloro che si danno al peculato. Dante Dice: “ogni uom v’è barattier, fuor che Bonturo (Dante, Inferno, canto, XXI, v. 41). Ovviamente, Dante, ironicamente, esclude il bonturo dalla schiera dei “barattieri”!

Però, Dante, non ironicamente, Proclama che, oltre ai “barattieri” di mestiere, i pubblici funzionari, se dovessero trovarsi davanti al classico barattolo di marmellata e le occasioni di tale “postura” sono infinite, non disdegnerebbero di inoltrare le dita, se non le due mani, in esso. Vogliamo Parlare dei venditori di cariche pubbliche nell’italietta della dominazione spagnola ? Essi erano lontani seguaci di simon mago e dei papi simoniaci. Simon mago,  vedendo (Atti degli Apostoli,VIII, 9-20) che pietro e paolo con l’imposizione delle mani comunicavano ai fedeli lo spirito santo, offrì loro denaro ché anche a lui dessero questo potere. Gli apostoli rifiutarono, adducendo che il dono di dio non si potesse avere per denaro.

Dante nel Canto XIX (vv.1-6) dell’Inferno Si Scaglia con un’ Invettiva contro i papi simoniaci (da simon mago): ”O Simon Mago, o miseri seguaci, /che le cose di dio, che di bontade /deon essere spose, e voi, rapaci, / per oro e argento avvolterate; /or convien che per voi suoni la tromba, /però che nella terza bolgia state.”.

E, oggi, nell’italietta?
Il New York Times Pubblica in una corrispondenza da roma che “non v’è angolo d’Italia immune dall’infiltrazione criminale”.
Massimo Carminati (uno dei tanti delinquenti), dopo le elezioni comunali di roma del 2013, concluse con la vittoria di marino a sindaco, dava ai suoi “collaboratori” della banda  istruzioni su come trattare con i neoeletti (tra i tanti  egregi), rappresentanti in campidoglio: ”Dite che abbiamo fatto questo e quello…e chiedete quali sono i loro progetti… Chiedete: Che te serve ? Che posso fa’ per te ?”.