L'Erasmus+ in Turchia raccontato dalla bitontina Maria Paola Sblendorio, fra emozioni e magia

Viaggi del genere raccolgono giorni intensi e ricchi, di persone, sensazioni, emozioni, paesaggi, lingue, culture, universi diversi

Stampa l'articolo
Esperienze come queste sono difficili da raccontare. In realtà è difficile credere che siano davvero accadute.Certe emozioni, sensazioni, situazioni rendono questa manciata di giorni così intensi che sembra il tempo scorra così velocemente da fermarsi.
Vi sto parlando del viaggio che io e Paolo abbiamo affrontato per partecipare al training Course Erasmus+ "Mainstreaming ITC in Youth Work" che ha avuto luogo nella Turchia orientale, a Van, tra l’ 11 e il 17 Febbraio e ha coinvolto giovani e meno giovani da tutta Europa; in particolare Spagna, Portogallo, Romania, Slovacchia, Lituania, Croazia, Italia, Polonia, Repubblica Ceca e ovviamente Turchia.  Come obiettivo quello di sviluppare competenze nelle applicazioni per la comunicazione digitale che per quanto mi riguarda è pienamente riuscito!Uno dei migliori training a cui abbia mai preso parte, se non il migliore, nonostante le condizioni climatiche avverse (neve, marciapiedi ghiacciati, temperature basse) che ci hanno però regalato momenti unici, come le improvvise battaglie di palle di neve durante le nostre uscite di gruppo e la scalata del Castello di Van innevato… un’ impresa non scivolare.  Ci tengo a precisare che, a parte il panorama mozzafiato che ci circondava grazie alle montagne che facevano da paravento, il lago di Van ghiacciato e il suo castello che sono dei luoghi di suggestiva bellezza, la vera ricchezza della zona non è custodita in niente di tutto questo. Tantomeno nei loro gustosissimi piatti: la loro cultura culinaria ha origini antiche e radici profonde, risalenti a quando la preparazione del cibo era considerato un processo sacro ed alchemico, la qualità e l’unione strategica dagli ingredienti fondamentale per un risultato divino. Ad esempio i Çi? köfte, il mio piatto preferito, ovvero polpette crude con o senza carne, a base di couscous e tante spezie, da mangiare avvolti in una foglia di lattuga sorseggiando dell’ Ayran, bevanda tipica a base di yogurt che dà sollievo al palato non proprio abituato al piccante. Senza dimenticare la pizza turca (Lahmacun), il famoso Kebap, i Baklava (tipici dolcetti a base di vari strati di sfoglia farciti con miele, noci, pistacchi).  Tra l’ altro, cercando su internet “Famosa colazione di Van” o meglio in inglese “Van's famous breakfast” si può avere un’idea di ciò che era appunto la nostra colazione la mattina…dire “ricca” è diminutivo. Ma la vera ricchezza di quei luoghi così lontani da noi, questa cultura arabeggiante, lì nel mezzo tra oriente ed occidente, sta nella gente che vi ci abita.  La loro OSPITALITÀ è disarmante. Ospitalità è tutto: è accettazione, condivisione, umanità sopra ogni cosa. E quando nonostante le barriere linguistiche, le differenze culturali, di credo e spirituali, due backgroud culinari che non hanno molto in comune, c’è la volontà di scoprirsi e di intrecciarsi, di comunicare, di conoscere, di offrire senza troppe parole, qui avviene la magia. Ed è per questo che porterò questo viaggio per sempre nel cuore oltre che tra i miei ricordi.Sinceramente ho ancora bisogno di tempo per digerire tutto ciò.. no, non fraintendetemi, non parlo di  falafel o qualsivoglia prelibatezza turca, digerire nel senso di metabolizzare questa esperienza, farla mia perchè ancora troppo fresca e sembra sia solo nella mia mente.  Viaggi del genere raccolgono giorni intensi e ricchi, di persone, sensazioni, emozioni, paesaggi, lingue, culture, universi diversi che occorre vivere sulla propria pelle, lasciare che la trapassino per diventare parte del nostro vissuto.