Referendum. Forza Italia conclude la sua campagna per il "no" con Renata Polverini

L'ex governatrice del Lazio è stata ospite all'evento di chiusura insieme alla deputata Elvira Savino

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Per il centrodestra è decisamente “No”. Anche Forza Italia chiude la sua campagna referendaria. E lo fa ospitando a Bitonto Elvira Savino e Renata Polverini, membri della Camera dei Deputati, nonché, quest’ultima, ex presidente della Regione Lazio.

«Stiamo andando verso una vittoria schiacciante. Lo sento parlando con le persone» annuncia la Polverini, critica verso la proposta di modifica della Costituzione perché «è la prima volta che i troviamo di fronte ad una riforma costituzionale fatta senza assemblea costituente, proposta da un governo. Calamandrei si starà rivoltando nella tomba vedendo un esecutivo che si fa una riforma e se la vota da solo. E non è vero che pure noi abbiamo votato quel testo».

L‘ex governatrice del Lazio definisce, dunque, la seconda camera, quella che sarebbe creata dalla riforma del Senato «un mostro», dal momento che non decadrebbe mai, ma verrebbe sempre rinnovata automaticamente con il succedersi degli amministratori locali: «Questa riforma toglie i poteri agli enti locali, concentrando sull’esecutivo solo le competenze su ambiente ed energia, vale a dire soldi e potere. Toglie rappresentatività e diritti, perché in realtà non è scritta da Renzi e Boschi, ma dalle lobby finanziarie degli Usa. Quelle che da anni pensano che la nostra costituzione garantisca troppo diritti e lavoro».

Della stessa idea Elvira Savino, secondo cui la riforma servirebbe solo a Renzi «per giustificare il suo governo fallimentare, non eletto da nessuno».

«La riforma propone un cambiamento in peggio– continua – Ci porta indietro nel percorso verso il federalismo che noi abbiamo iniziato. È accentratrice e porta all’uomo solo al comando. Di fronte a decisioni prese sempre più dall’alto, ci vuole un Parlamento rafforzato, non indebolito. È solo un concentrato di bugie che rende sudditi gli italiani, con un Senato non più eletto dai cittadini. Il senso della democrazia non è solo scegliere i rappresentanti, ma anche controllarli. Qui invece saltano tutti i contrappesi al potere dell’esecutivo, con procedimenti legislativi che si moltiplicano a seconda del tipo di legge. Avremmo un bicameralismo non perfetto, ma per dieci».

La Savino, dunque, conclude il suo intervento accusando la riforma di voler eliminare tutti i corpi intermedi, per favorire solamente Matteo Renzi e il suo partito.

«È una riforma errata e pericolosa nella genesi, nelle modalità e nel contenuto» sostiene Francesco Gaudimundo, presidente del Comitato per il No: «Parliamo della genesi. I padri costituenti stabilirono che il governo dovesse allontanarsi dall’aula quando si discuteva di Costituzione. Qui invece siamo di fronte ad un governo che se le detta da sé le regole del gioco».

Quanto alle modalità: «Come faranno a fare contemporaneamente il senatore e l’amministratore locale, considerata anche la scadenza variabile dei mandati in seno a questi ultimi e il divieto del doppio mandato sancito da molti statuti locali?».

Sui contenuti Gaudimundo critica infine la nuova ripartizione delle competenze tra Stato e regioni «che imporrà alla Puglia un nuovo gasdotto costruito in zone turistiche in ottica antirussa, nonostante tutti i danni fatti all’economia italiana dalle sanzioni contro Mosca», e l’irrisorietà dei tagli ai costi della politica.

Che saranno pari al costo di un caffè a persona, secondo Carmela Rossiello, consigliere comunale: «L’iter non sarà più snello anche perché ci saranno tanti ricorsi tra regioni e Stato».

Il consigliere Domenico Damascelli infine se la prende con i transfughi che dal centrodestra sono passati al centrosinistra, tradendo a suo dire partito ed elettori «grazie all’assenza del vincolo di mandato che rimane nel nuovo testo».

«Grazie all’immunità, infine, ci sarà un parlamento pieno di inquisiti e indagati e un Senato che sarà solo una sorta di dopolavoro per amministratori locali che già hanno una mole di lavoro che richiede un impegno di 24 ore su 24» conclude Damascelli, invocando «sì una riforma costituzionale, ma una seria».