Ricercare in là

Avete mai fatto caso al fatto che in una canzone si ripeta molto spesso uno stesso motivo? O che molte canzoni siano costruite – parlo per chi strimpella già un po' – sugli stessi accordi? Il motivo è lo stesso: l'abitudine

Ricercare in là
Karlheinz Stockhausen, simpatico signore tedesco

Ricercare? Che cosa? Dove? Già immagino i volti e gli sguardi spauriti dei miei quattro lettori, disorientati di fronte ad un titolo così vago ed allusivo.

Per fugare ogni dubbio, puntualizzo che questa rubrica tratterà di musica.

Il ricercare, infatti, è un'antica forma musicale strumentale abbastanza libera, tanto da confondersi nei secoli con la fantasia, la canzona (sì, canzona, non canzone), il capriccio, la toccata.

Un filone imitativo del ricercare, ossia con una ripetizione più o meno serrata nelle varie voci di uno stesso tema o soggetto,ha dato origine al genere della fuga (come quelle famose di Bach), in cui le varie entrate del soggetto paiono rincorrersi e fuggire,  ma questa è un'altra storia. “In là” – o “in La” che scriver si voglia – è sia un'indicazione musicale (parliamo di tonalità) che un avverbio locativo.

Questo titolo, quindi, presenta una doppia chiave d'interpretazione: svolgere una ricerca andando oltre – più in là, per l'appunto – oppure pezzo libero scritto in tonalità di la.

Giuro che ho finito con gli intellettualismi, potete anche continuare a leggere oltre.

Questa rubrica infatti vuol essere una finestra divulgativa sul mondo della musica, essenzialmente quella sezione chiamata “classica” ma non solo, nel tentativo appunto di ricercare al di là del luogo comune, di approfondire tematiche di un certo interesse sia per il profano che per l'appassionato musicista, di stimolare un dibattito magari.

Ad esempio: avete mai fatto caso al fatto che in una canzone si ripeta molto spesso uno stesso motivo? O che molte canzoni siano costruite – parlo per chi strimpella già un po' – sugli stessi accordi? Il motivo è lo stesso: l'abitudine.

Un pezzo, una composizione, un tema saranno tanto più gradevoli all'ascolto quanto più il nostro orecchio vi sarà già abituato.

Allora i metodi a disposizione del compositore per ottenere un facile successo sono essenzialmente due: ripetere o ripetersi.

Ripetere qualcosa che già ha funzionato in passato, qualcosa a cui le nostre orecchie sono già abituate (a tal proposito le citazioni in giudizio per plagio vanno da Zucchero e Jovanotti fino a Robin Thicke recentemente) oppure ripetersi all'interno dello stesso brano, così da assuefarci.

Naturalmente si tratta di una generalizzazione, ci sono anche altri fattori di gradimento in ballo, ma fa riflettere il fatto che nella musica leggera attuale si combinino spesso entrambi questi escamotage per ottenere un risultato quanto più possibile positivo.

Sempre questo piccolo concetto di ripetizione ed abitudine sta alla base poi dell'insuccesso della musica colta del Novecento.

Da Schönberg in poi il pubblico comune ha “litigato” con la cosiddetta musica “classica”, perché essa ha fatto il salto più lungo dell'orecchio, inseguendo delle provocazioni come fossero vangelo ed andando contro, rinnegando tutto ciò a cui il nostro orecchio era abituato, demolendo per puro spirito di contraddizione, invece di costruire. Provate a cercare un concetto musicale piacevole ad ascoltarsi, che si ripeta e che sia facilmente riconoscibile come tale in un'opera x di Stockhausen, poi chiedetevi perché quasi sicuramente non conoscevate questo simpatico signore tedesco e datevi una risposta. Fate poi la stessa prova con qualsiasi cosa di Tchaikovsky, anche la registrazione del suo campanello di casa.

Ma di questo ed altri demoni parleremo nella prossima puntata, buon ricercare!