Sire Jacopo Rogadeo dà in sposa una sua schiava

In questo tipo di contratti si coglie un miscuglio di autoritari­smo e di premurosa sollecitudine; dalla cura dei particolari si di­spiega un interesse commovente nei confronti della donna

Domenica scorsa Papa Francesco ha aperto il Sinodo Straordinario sulla Famiglia, istituto fortemente in crisi negli ultimi decenni. Ho pensato di pubblicare un contratto di matrimonio del 1306, nel quale traspare tutto il valore che si dava un tempo alla costituzione del nucleo familiare e al concetto che si aveva all’unione tra un uomo e una donna.

La donazione della dote non era sentita come un obbligo, ma era affidata unicamente alla libe­ralità del tutore. Essa aveva lo scopo di assicurare un certo be­nessere alla nuova famiglia e agli eventuali figli, o perlomeno di evitare loro gravi disagi.

In questo tipo di contratti si coglie un miscuglio di autoritari­smo e di premurosa sollecitudine; dalla cura dei particolari si di­spiega un interesse commovente nei confronti della donna.

 

Anno 1306 sotto il dominio di nostro Signore Carlo II re illu­strissimo, per voler di Dio, di Gerusalemme, di Sicilia, del du­cato di Puglia e del principato delle province di Capua e conte di Folcanerio, nel ventunesimo anno del suo regno, il 15 Dicembre, IV Indizione a Bitonto.

Io, Roberto di Giovanni Bruno, cittadino di Bitonto, in questa città, alla presenza di Basilio di Sire Mele Regale, di Rogerio, giudice ufficiale nella stessa città, del notaio Giacobbe, dei testimoni Giovanni, Stefano, Francesco, Mattia, Angelo, Paolo, Nicola e con la testimonianza di altri chiamati e consultati proprio per questo motivo dichiaro, che sire Nicola di sire Giacobbe Rogadeo della stessa città, pren­dendo per mano Zita, una schiava sua serva, me l'ha data in moglie legittima, essendo lui e i suoi eredi suoi mundualdi, cele­brato il matrimonio tra me e mia moglie solennemente e pubblicamente, premesse le formalità in chiesa e la benedizione sacerdotale, me l'ha affidata e nello stesso tempo mi ha dato in dote, secondo l'uso di Bitonto, insieme alla suddetta mia moglie sua serva, i beni mobili registrati e valutati e do­nati e inoltre denaro liquido, sempre naturalmente secondo le tradizioni: un materasso  con un capitale pieno di lana valutato un'oncia d'oro, una dupla  (tunica) del valore di 15 tarì, una coltre bianca valutata un'oncia d'oro, una coperta nuova valutata 12 tarì, un paio di teli di lino valutati 7 tarì e mezzo, una pelle di agnello dello stesso valore, una tunica di stanforte valutata 12 tarì, un dobletto (gilé) del valore di 7 tarì e mezzo, un panno di fustagno del valore di mezzo au­gustale, due asciugamani di cui uno ricamato, una zeppa, una re­ticella, tre fazzolettie una cassa stimati un fiorino d'oro. Ha do­nato quattro camicie, due sotto­vesti, due tovaglie  e due origlieri e in contante quattro once d'oro e quindici tarì. Così che io, mia moglie e i nostri figli abbiamo come dote, secondo la citata con­suetudine i beni mobili elencati e valutati e donati e il denaro elen­cato che abbiamo menzionato.

Tuttavia io e il suddetto Nicola, secondo gli accordi definiti in base alle forme legali e inseriti in una clausola contenuta nell'e­lenco di cui sopra, abbiamo sta­bilito che, se si verificherà il "ca­sus de redibende dotis", venuto meno l'impegno del matrimonio per la morte di mia moglie e in assenza di figli vivi, o se vivi, di minore età, restituiremo allo stesso Nicola o ai suoi eredi gli elencati beni mobili, eccetto quelli consumati dall'uso e dal tempo, e il denaro liquido sopracitato.

Per cui volontariamente alla presenza dei suddetti ho dato come garanti per la restituzione me stesso, Giovanni di Bona, ....... di Ameria, Elia di Silvestro, Nicola giudice di Achille, Nicola di Santa Maria, Angelo di Peregrina, Ursone di Ventura, Nicola di Tommaso, Barbaleone Marino di Innocenzo, Pietro Giovanni di Lupone e Gualtiero di Sire Maione. Allo stesso Nicola della suddetta moglie .... in questo modo sia io, sia i miei eredi adempiremo e osserveremo per i loro eredi tutte le modalità, le di­sposizioni, le condizioni e gli usi che si mantengono e si osservano nella stessa città di Bitonto ri­guardo i beni ed il contante dati e ricevuti in dote.

Perciò tutti noi sopracitati fidejussori diamo noi e i nostri eredi come garanzia e solenne­mente ci impegniamo, col con­senso del citato Nicola, tanto da parte sua che da parte di mia moglie, a restituire a loro e ai loro eredi, se si verificasse la circo­stanza di dover restituire la dote, i sopraelencati beni mobili valu­tati e donati e il denaro li­quido come precedentemente é stato esposto. Sia io, primo teste, che i testi fidejussori proclamiamo tutto ciò, escludendo l'inganno e la possibilità di non mantenere le promesse e in assoluto la mala­fede. Se non abbiamo adempiuto interamente ai nostri obblighi, pagheremo loro di tasca nostra tutte le spese che hanno soste­nuto in tribunale ed al di fuori di esso, conseguentemente e li risar­ciremo di ogni danno subito dando soddisfazione completa se­condo i patti. Perciò io per primo, e noi fidejussori, giustamente gli concediamo la facoltà di pigno­rare tutti i nostri beni leciti e il­leciti, nostri e dei nostri eredi, fino a che non abbiamo rimbor­sato ogni cosa senza infamia e senza possibilità di appello.

 Io, Rogerio, pubblico notaio a Bitonto, che ho rappresentato legalmente le parti, ho redatto brevemente questo atto.

Firma del notaio

Firma dei testimoni