Danneggiata la statua di papa Wojtyla nei giardini del Municipio

Da qualche settimana al monumento del prete artista Antonio Nardi manca la mano protesa verso l'alto con l'ostia fra le dita

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Percorrendo corso Vittorio Emanuele verso la Villa Comunale, dopo una decina di metri da Palazzo Gentile, girandosi verso destra è possibile osservare, al centro dei giardini della sede comunale, una statua. Rappresenta papa Giovanni Paolo II con il braccio proteso verso l’alto, nell’atto di dare l’eucaristia. Ma, da qualche tempo, questo particolare non è più visibile. Per ragioni ignote, infatti, quella mano non c’è più. Distrutta. Non si sa bene quando sia successo. Molto probabilmente nelle ultimissime settimane, stando ai ricordi di chi quella mano l’ha vista non troppo tempo fa. Non si sa neanche come sia successo, dal momento che quello spazio verde non è accessibile al pubblico. Atto vandalico? Incidente? Nulla si conosce a riguardo. L’unica certezza è quel braccio monco, privo di mano, proteso verso l’alto.

Un danno ingente, per la scultura realizzata, nel 2007, da don Antonio Nardi, il prete artista, epiteto che proprio non gli andava a genio perché non teneva in considerazione tutto il suo impegno a favore degli ultimi e, in particolare, dei tossicodipendenti. Era per loro che aveva creato la sua Betania, la comunità di recupero e preghiera nata a Talla, in provincia di Arezzo, per essere una bussola per chi vive ai margini, per chi è spesso visto come un peso.

Bitontino, classe 1924, diventò sacerdote il 26 giugno del 1946 quando l'Italia aveva scelto da pochi giorni di essere una Repubblica. Già nella seconda metà degli anni '40 Nardi gestì a Bitonto una Casa del Fanciullo, adibita al recupero sociale di orfani e ragazzini in difficoltà di ogni tipo, dei ragazzi di strada come ricordò nel 2005 in un’intervista alla stampa toscana: «Hanno detto che sono stato il prete degli sciuscià. E forse è vero: dormivo con loro, stavo insieme a loro, li portavo a Messa, li facevo confessare».

Lo ricordò anche Marino Pagano, presidente del Centro Ricerche, in occasione della sua morte, nel febbraio 2013: «I suoi sacrifici furono immensi, ma per tante ragioni dovette partire dalla nostra città, optando per più zone d’Italia: dall’Umbria al Salento fino alla Toscana. Lasciando un grande vuoto negli ambienti sociali più disagiati. Non mancarono contrasti e diffidenze tra il clero locale. Il compianto don Carmine Fallacara parlava spesso di lui con rammarico, nel senso di un’occasione persa per la città».

Ma quel legame con la città di Bitonto, nonostante sofferenze e incomprensioni, non si interruppe mai. Tornò nella città degli ulivi nel 2007, per scoprire quel monumento che egli stesso aveva realizzato a due anni dalla morte di papa Wojtyla, per ricordare il suo passaggio nella “terra degli ulivi” nel febbraio 1984. Inizialmente previsto per l’aeroporto intitolato proprio al pontefice polacco, fu poi posizionato nei giardini del municipio. La cerimonia inaugurale si tenne il 25 settembre 2007, alla presenza dell'Arcivescovo di Bari e Bitonto, mons. Francesco Cacucci, del sindaco Nicola Pice e, ovviamente, dello stesso autore.