Giornalisti per un giorno. Gli alunni della Sylos intervistano Ahmed, esule da Gaza

La storia del ragazzo originario di Gaza sarà l’anima del testo con cui si realizzerà la partecipazione al concorso ministeriale “Nei miei panni”

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Gli alunni della 3h della Scuola media “C.Sylos” hanno intervistato, grazie all’aiuto della prof.ssa Castellano e alla possibilità offerta da Auxilium – Società Cooperativa Sociale, Ahmed, originario di Gaza. L’incontro è finalizzato alla partecipazione del concorso ministeriale “Nei miei panni”, per cui i ragazzi produrranno un testo con le storie che riusciranno a trarre dai rifugiati a Bitonto.

«L’esempio della Buona Scuola -ha affermato la prof.ssa Castellano- è nelle piccole cose come questo incontro che è stato concesso agli alunni della 3h. Sarebbe bello continuare ad approfondire il concetto di scambio culturale con altre iniziative». 

Gli alunni hanno fatto in maniera diversa lezione ieri: sono diventati giornalisti per un giorno e hanno posto sulla cattedra i loro smartphone con il registratore attivato perché avrebbero dovuto incontrare una persona speciale. 

Ahmed è un ragazzo quasi trentenne ed originario di Gaza. Ora, vive a Bitonto grazie all’aiuto offerto dall'Auxilium- Società Cooperativa Sociale. E’ stato accompagnato dalla prof.ssa di italiano del centro Doriana Saltarelli, che ha fatto da interprete durante l’intervista dei ragazzi, e dalla psicologa Maria Antonietta D’Aranno

I ragazzi, prima dell’intervista, hanno approfondito la storia della Palestina e secondo quello che era il loro immaginario sull’emigrazione, hanno preparato alcune domande (poste in italiano e dagli alunni meno timidi in inglese). Il risultato dell’intervista sarà un testo che riporterà la storia di Ahmed per il concorso ministeriale “Nei miei panni”, in occasione della vicina XI Settimana Contro il Razzismo che si svolgerà dal 15 al 21 marzo. 

Lo scopo del concorso e dell’incontro con Ahmed è stato sfatare i miti che i media montano in genere sul rifugiato, oltre che sulla Palestina. Significativo, appunto, è il titolo che trasmette il reale intento. Si può dire che, ieri, i ragazzi della 3H l’abbiano raggiunto con totale facilità e spontaneità. Quella di Ahmed è la storia di un ragazzo che ha caricato il suo zainetto di sogni e speranze

«Grazie ad un bombardamento che c’è stato a Gaza –ha raccontato- si sono rotti i confini tra la mia città e l’esterno e son potuto partire. Ho attraversato un tunnel e sono arrivato in Egitto. Mi son procurato i documenti e son partito per la Svizzera, poi via terra sono arrivato in Norvegia. E qui, son nati i primi problemi». Infatti, nell’aeroporto della Norvegia Ahmed ha chiesto per la prima volta asilo politico, ma ha ricevuto un diniego. Allora, ha deciso di partire per l’Italia: «L’Italia mi ha accolto e non ne avevo il minimo dubbio. Sono convinto voi abbiate un grande cuore per la disponibilità di accoglienza di noi stranieri. Sapevo che qui avrei trovato la mia seconda casa. L’Italia è il punto in cui convergono diverse culture e non credo debba cambiare niente a tal proposito». Ahmed ama l’Italia e ha raccontato di essersi integrato facilmente perché ha sentito da subito compatibilità con il suo modo di essere. Perché è a Bitonto?«Prima ero nel campo di Bari-Palese e stavo avendo problemi per ottenere l’asilo. Per caso, mi son trovato a Bitonto e ho conosciuto Auxilium, che mi ha aiutato e offerto una casa. Ora sono felice perché ho tutto, a parte il lavoro e la mia mamma». 

Il progetto di accoglienza Sprar è gestito, infatti, a Bitonto da Auxilium e offre la possibilità di totale integrazione all’interno della società. 

Perché ha accettato di essere intervistato dai ragazzi? «Mi è capitato un’altra volta di raccontare la mia storia a ragazzi, però più grandi di voi, dell’Università di Oslo. Tuttavia, voi mi piacete. Non avete vergogna nell’esprimere il vostro pensiero. Sono qui per sfatare i miti che vengono costruiti sulla mia terra. La mia è una terra di pace. L’Israele e la Palestina, inoltre, sono due cose diverse». 

Ahmed è rimasto sorpreso perché i piccoli giornalisti conoscevano la storia della sua terra. Non è stato l’unico della sua famiglia ad andare via. Ha sempre avuto la passione per la tecnologia, infatti, all’età di tredici anni già lavorava in un’azienda per riparare i computer a Gaza. 

Parla molto bene l’inglese e non vuole andare via dall’Italia, anche se è cosciente che è difficile viverci per mancanza di lavoro. Se proprio dovesse andar via, andrebbe in Svizzera. 

Fortunatamente, non ha subito atti di razzismo e questo è importante.