I costi economici e sociali della ludopatia. L'associazione Dea ne parla nella giornata della donna

Il fenomeno è in crescita tra le donne e tra i più giovani

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Ludopatia, il gioco d’azzardo patologico. Un vero e proprio disturbo comportamentale che affligge, in Italia, migliaia di cittadini e che ha gravi ripercussioni nella sfera economica e sociale di chi ne è affetto. 
Un tema complesso e delicato affrontato domenica scorsa dall’associazione Dea (Donne Emancipate Autonome) in un incontro organizzato in occasione della giornata della donna. Il fenomeno, infatti, negli ultimi anni sta registrando un incremento anche nella popolazione femminile, come evidenzia Francesca Mastronicola, presidente della Dea.

«Il problema è aggravato dal fatto che lo Stato dal gioco d’azzardo legale guadagna una somma pari al doppio dei proventi della Tasi» aggiunge il vicesindaco Rosa Calò, lamentando una scarsa attenzione, da parte delle istituzioni alla prevenzione: «Solo negli ultimi anni, con la legge 158/2012, la ludopatia è stata inserita tra i livelli di assistenza psicologica».

In veste istituzionale è presente anche Vito Palmieri, presidente del Consiglio comunale, che, ricordando la recente esplosione di un ordigno in una sala giochi di Altamura, evidenzia come siano molteplici i pericoli del gioco d’azzardo.

«È necessario educare i giovani ed aiutarli ad evitare comportamenti più pericolosi, insegnando loro l’uso corretto del denaro. Essi sono i padri dell’umanità futura» è l’opinione di Luigi Lafranceschina, docente di pedagogia e Educazione Interculturale.
Durante l’incontro, il fenomeno è analizzato dalle ragazze dell’associazione, sotto diversi punti di vista, dal lato psicologico alle ripercussioni negative per lo stesso Stato che guadagna attraverso il gioco d’azzardo legale.
«Il gioco nella vita di un individuo è fondamentale per lo sviluppo del bambino. È un allenamento alla vita. Ma è importante anche in età adulta in quanto aiuta a vivere meglio, creando sensazioni piacevoli e favorendo la socializzazione – spiega la psicologa Marina FrisoneMa quando il gioco diventa ludopatia, nell’individuo si ha una perdita di controllo, con effetti simili all’assunzione di sostanze stupefacenti. Si sente la necessità di dedicare sempre più tempo e somme di denaro più ingenti. Non si ha la lucidità necessaria per comprendere che molto dipende non dalla bravura, ma dal caso e, pur divertendosi sempre meno, non si è capaci di smettere quando si vorrebbe, a differenza del giocatore sociale, che mantiene sempre il controllo sulla propria attività ludica».
Una malattia psichiatrica a tutti gli effetti, dunque, che mette in pericolo sia la sfera cognitiva che quella emotiva. Come illustra la dottoressa Maria Angela Lucarano, infatti, nel giocatore patologico si crea una sorta di senso di onnipotenza, una convinzione di essere più abili degli altri, soprattutto dopo le prime vincite: «Ma dopo la fase positiva, arrivano le prime perdite che col passare del tempo condurranno a difficoltà economiche sempre più pressanti. E di qui il passo verso i debiti, gli strozzini, il pignoramento della casa o comportamenti illegali è breve. La ludopatia porta anche allo sfaldamento dei legami familiari».
Proprio il coniuge diventa spesso «codipendente», perché, dice la psicologa Anna Rossiello, nella fase di vincita si può avere un maggior benessere, a cui inevitabilmente seguiranno difficoltà economiche: «Purtroppo di frequente il coniuge tende a nascondere il problema, finché non viene a galla tramite furti o altri comportamenti illegali, e talvolta persino il tentativo di suicidio. Il partner ha due scelte: o aiutare il giocatore denunciando la sua situazione ad uno psicologo o abbandonarlo definitivamente».
È proprio la famiglia, quindi, insieme agli amici, ad avere un ruolo importante per affrontare un problema che, se preso in tempo, si può e si deve curare.
Il problema è aggravato dal fatto che dal gioco legale lo Stato guadagna.
«È la terza fonte di entrate per le casse italiane e serve anche per togliere terreno alla criminalità organizzata che gestisce il gioco d’azzardo illegale – aggiunge Veronica Bianco, dottoressa in Economia Aziendale – Non c’è stato un solo anno in cui non sia aumentata l’offerta di gioco legale. Purtroppo è una vera e propria tassa per i più poveri e causa costi sanitari e sociali dovuti all’aumento della criminalità, ai tentativi di suicidi, all’aumento dei divorzi. Ecco perché lo Stato non dovrebbe investire sul gioco per accrescere le proprie finanze. Senza vietarlo, perché così lo renderebbe più appetibile, dovrebbe evitare di promuoverlo con spot che non responsabilizzano».
Dello stesso parere è Antonella Bianco, assistente sociale, che ha illustrato tutti gli strumenti messi negli ultimi anni a disposizione dallo Stato e dagli enti locali per la cura della ludopatia e delle dipendenze, come il SerD (Servizi per le dipendenze patologiche), presente in Puglia, e il Pronto Soccorso Psicologico, servizio gratuito rivolto a chi vive situazioni di disagio e gestito a Bitonto proprio dall’associazione Dea: «Trovo assurdo che si inciti a giocare in una fase di crisi economica come questa».

A concludere l’evento, l’intervento dell’informatrice scientifica Carmen Marinelli, sui farmaci utili ad aiutare il paziente, e con la testimonianza del professor Giuseppe Grassi, autore di un libro sulla storia del gioco sin dal Paleolitico.