"Il perno principale di una squadra sono i ragazzi". La forza del clan Cipriano raccontata dal presunto boss

L'inchiesta della DDA ha svelato un'organizzazione criminale verticistica con un "cervello" e giovani pusher, ricompensati con cifre da 500 a 1500 euro a settimana

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“Il perno principale di una squadra sono proprio i ragazzi. Io sono il cervello, ma il perno sono loro, se non stanno bene i ragazzi, per te si devono muovere? Non si muovono proprio”. È una delle frasi pronunciate dal presunto boss del clan Cipriano, il 35enne Francesco Colasuonno, e ascoltate dagli investigatori durante le indagini svolte per l’operazione “Porta Robustina”, che ha portato in carcere 25 persone legate al gruppo criminale attivo a Bitonto.

L’inchiesta, portata avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha svelato una organizzazione criminale verticistica con un capo e, al di sotto, giovani pusher e vedette, incaricati dell’attività di spaccio sul territorio, in particolare nei locali abbandonati del centro storico.

Questi, organizzati su più turni, venivano ricompensati con cifre che andavano dai 500 ai 1500 euro alla settimana. Tanto che secondo il procuratore della Dda, Francesco Giannella, “il ruolo dei ragazzi, delle pedine e dei picciotti è stato valorizzato non solo in un verso, ma anche in quello opposto: vanno gratificati i ragazzi, altrimenti non si muovono”.

Alla solita piazza di spaccio, inoltre, si sarebbe sovrapposta una nuova forma di commercio, dinamica, per le strade con consegne a domicilio e volanti.

Anche le donne avrebbero assunto ruoli di rilievo, mantenendo le famiglie, soprattutto in assenza di figli o mariti detenuti in carcere.