In memoria di Michele Rizzi, decano degli Autotrasportatori. Una storia da raccontare…

Erede di una famiglia di "gallssiir", ha vissuto mille avventure in giro per il mondo fino a sfondare nel mondo dei trasporti

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Michele Rizzi (29 ottobre 1921 - 21 maggio 2020) ha lasciato la vita terrena serenamente e con estrema dignità alle 18,10 dello scorso 21 maggio, alla veneranda età di 98 anni. Michele nasce a Bitonto il 29 ottobre del 1921. Figlio di una generazione di “calessieri”, “gallssir” come si diceva all’epoca a Bitonto; “u’gallssir” era colui che per professione si occupava dei trasporti su strada di merci di ogni tipo mediante l’impiego di carri trainati da muli o da cavalli. Michele, terminate le scuole dell’obbligo, inizia da subito questa professione diventando così “gallssir”. Poi arriva subito il secondo conflitto mondiale e viene chiamato alle armi e inviato nei Balcani e, grazie alla sua esperienza di trasportatore, viene assegnato al servizio di recupero dei corpi dei soldati caduti sul campo. È proprio nei Balcani, alle Bocche di Cattaro, in servizio, mentre si aggira nei campi per recuperare i corpi dei militari caduti che scampa alla morte dopo l’esplosione di una mina rimasta inesplosa che però fa perdere la vita al suo superiore che gli muore tra le braccia dopo aver pronunciato queste parole: “se sarai tra i vivi, abbi fede in Dio”. Parole che Michele fa sue e ripeterà come un monito fino alla fine dei suoi giorni, alzando le mani e lo sguardo al cielo “…la fede a Dio non l’ho mai tolta…”. A seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, proprio nei Balcani, Michele viene catturato dalle forze armate tedesche e deportato in un campo di concentramento in Germania. Qui, naturalmente, le condizioni di vita sono pressoché impossibili ma grazie alla sua forte tempra e alla sua voglia di fare, Michele ce la fa; pur di sopravvivere, si offre tra i volontari a lavorare le terre dei coloni tedeschi. È così che impara anche a coltivare la terra e a garantirsi il suo rancio quotidiano: Kartoffeln. Patate. Sempre e solo patate. Trascorrono quasi due anni e arriva la liberazione. Il 1945. A piedi dalla Germania, attraversa l’Austria e arriva in Italia, passando e fermandosi in Emilia Romagna per consegnare un cronografo lasciatogli in affidamento dal suo superiore caduto nei Balcani e da far recapitare, laddove fosse sopravvissuto, alla sua famiglia. Sempre a piedi, proseguendo il suo viaggio, arriva nella sua amata Bitonto. È vivo, è un uomo ormai. Deve costruirsi una famiglia e pensare al suo futuro. Nel 1946 sposa una donna, Angela, che lo accompagna per tutta la vita e gli dà 5 figli. In quegli anni, la ripresa non è facile e, come tanti, Michele, per crearsi un avvenire, si procura un biglietto per salpare da Napoli ed emigrare in America Latina, in Venezuela. Ma l’amore per la sua terra, la convinzione di farcela anche qui e la sua solita tenacia gli impongono di non partire e di cedere quel biglietto all’ultimo momento. È così che con un traino e un cavallo ricomincia da dove aveva lasciato. Riprende ad occuparsi di trasporti. Una vita non facile, piena di fatiche ma che con determinazione affronta ogni giorno. Arriva il boom degli anni sessanta e il traporto su strada subisce delle forti innovazioni; si diffonde sempre più l’impiego delle macchine e degli autocarri e non c’è più posto per “u’ gallssir”. Michele non resta a guardare e così, prontissimo, acquista il suo primo autocarro. Poi un altro e qualche altro ancora. Mette su una vera e propria azienda di autotrasporti, assumendo e forgiando tanti autisti che a loro volta hanno dato vita a grandi aziende del settore e che con dedizione si sono impegnati a far crescere la ditta. Lavorando in settimana e dedicando l’unica giornata di riposo, la domenica, alla manutenzione e lucidatura del parco mezzi. In quegli anni diventa Presidente della “Carovana Autotrasportatori”, associazione di categoria bitontina con sede in Piazza Aldo Moro. L’azienda trasporta di tutto e ovunque; trasporta anche il bitume impiegato per i primi asfalti che sono stati posati per la prima volta sulle strade della nostra città. I figli, nel frattempo, crescono e Michele insegna loro questa professione lasciandogliela in eredità. Nasce così anche la divisione aziendale Autospurghi, prestando servizio anche nel nostro Comune e in tanti comuni limitrofi e in quasi tutti i comuni della Capitanata. L’età avanza e Michele raggiunge l’età pensionabile. L’azienda viene affidata ai figli ma la sua passione per gli autotrasporti e la sua solita voglia di fare lo portano a impiantare e gestire un grande garage per autocarri e autobus in una proprietà della zona artigianale di Bitonto comprata con i sacrifici del duro lavoro. Attività che svolge con grande dedizione sino a pochi anni fa. Soddisfatto e ormai stanco, Michele ci lascia qualche giorno fa tramandando alla famiglia, figli e nipoti e a chi lo ha conosciuto una grande eredità: la voglia di farcela, il sacrificio, l’onestà e la determinazione nella vita fanno fare grandi cose. Il nipote, Saverio Rizzi.