Docenti e alunni ai tempi del coronavirus: “La didattica di emergenza non è insegnamento”

Paura per l’inizio dell’anno: "Abbiamo classi pollaio, saremo in grado di garantire il distanziamento sociale in aula?”

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Come affronteranno e come ripartirà il mondo della scuola? Ce lo siamo chiesti assieme a 42 insegnanti che hanno risposto al nostro sondaggio online.

Hanno risposto cinque insegnanti dell’IC "Cassano - De Renzio", 20 dell’IC "Modugno - Rutigliano - Rogadeo", undici dell’IC "Sylos", quattro del Circolo didattico "Fornelli", uno del Circolo didattico "Caiati" e uno del IC "don Tonino Bello”. Un solo insegnante nella scuola dell’infanzia ha risposto al sondaggio, 29 di questi insegnano nella scuola primaria, dodici nella scuola secondaria di primo grado.

Nel 64,5% dei casi le scuole d’appartenenza hanno fornito agli insegnanti gli strumenti didattici informatici per poter sopperire a questo momento di emergenza. In difficoltà il restante 37,7%.

Diciotto di loro hanno attivato la teledidattica in diretta (42,9%) utilizzando soprattutto programmi come Google Classroom, Zoom e la Piattaforma Collabora; la maggior parte di loro, invece, (24 insegnanti, pari al 57,1%) hanno inviato tracce e compiti tramite video, file o immagini su whatsapp o altri supporti social.

La maggior parte degli insegnanti, infatti, ha ammesso la propria “incompetenza” o “mancata formazione” tra le maggiori difficoltà. A ciò si aggiunge la difficoltà di dover organizzare delle videolezioni con “alunni così piccoli”, l’assenza “dell’interazione in presenza, l’empatia, l’osmosi tra me e i ragazzi” e l’impossibilità di “rispondere a dubbi, perplessità”. La didatticadi emergenza, non è insegnamento”. In alcuni casi “anche le famiglie non sono state d’aiuto, che poco si interfacciano con i figli e, di conseguenza, con i docenti”.

Tra i piccoli studenti, c’è anche da rilevare che molti (il 78% degli studenti dei docenti che hanno risposto) erano sprovvisti di supporti come tablet, computer, periferiche come webcam e microfoni, o connessioni Wi-Fi domestiche. Gli insegnanti, inoltre, hanno rilevato una forte mancanza nei bambini del “contatto fisico e del tempo condiviso con i compagni”, ma anche “dell’assiduità nello studio e nelle consegne”.

34 su 42 insegnanti nelle loro classi hanno anche studenti con disabilità o difficoltà per cui hanno adottato, assieme alle insegnanti di sostegno, una “personalizzazione con semplificazione e riduzione di attività” ma c’è anche chi ha attivato sin dal 9 marzo la teledidattica “perché ho creduto che la prima cosa da tutelare fosse la relazione, seppur a distanza; i bambini ed io avevamo bisogno di continuare il nostro ‘gioco di sguardi’ che abitualmente avevamo in classe nella quotidianità. Tutto questo mi è servito sino ad oggi a mantenere viva una comunità educativa”.

La più grande paura per la ripresa della scuola? “Che si ricominci con la didattica a distanza”, è il timore comune che si aggiunge al “non avere strutture adeguate a contenere le distanze” “considerando che abbiamo classi pollaio” e, quindi, “ad organizzare in modo efficace il distanziamento sociale” per evitare il contagio.

Ricominciare come se niente fosse successo sarà impossibile, soprattutto per i bambini – concludono in ultimo - Bisognerà lavorare molto sulle emozioni (in assenza di baci e abbracci), garantire ambienti idonei, affinché i genitori, i bambini, noi stessi, possiamo considerare la scuola un luogo sicuro”.