Internalizzazione commessa INPS. Ancora tutto in altomare per i 3.500 lavoratori. E, nel frattempo, Tridico tace e le aziende committenti vogliono tagliare

Solo nubi e incertezze e pochi fatti concreti. La Politica, ovviamente, è divisa. E i sindacati si preparano a manifestare il 15 settembre

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Gli attori di questa storia, finora tragica, sono cinque.

INPS, l’Istituto nazionale di previdenza sociale; la Politica; le organizzazioni sindacali; il Raggruppamento temporaneo d’impresa, composto da Comdata-Network; i lavoratori, circa 3.500 in tutto lo Stivale. Che finora sono quelli che stanno pagando il prezzo più alto, fatto di incertezza e non poca paura.

Il tema è sempre quello: l’internalizzazione dei servizi di Contact Center che, dopo svariati anni e appalti, torneranno in mano all’Istituto tramite la società partecipata INPS servizi S.p.A (lo ha stabilito una legge del 2019) di cui qualche settimana fa è stato eletto il Consiglio di amministrazione ma ancora privo di alcune figuri epicali e un piano industriale.

Bene, le volontà del numero 1 Pasquale Tridico erano quelle di partire il 1° gennaio 2022, a fine dell’attuale appalto, ma tutto è ancora in altomare e le posizioni tra i vari soggetti distantissimi.

Da un lato, allora, c’è proprio il presidente che, in barba al rispetto di chi quotidianamente lavora da anni sulla commessa e nonostante non ci sia alcuna legge che lo obblighi, ha l’idea (malsana? Legittima? Punitiva? Portatore di quali interessi e verso chi?) di effettuare una selezione pubblica per titoli e anzianità per “scegliere” chi diventerà un dipendente parastatale (occhio, parastatale) ma con un contratto sempre di Telecomunicazioni.

Tagliola, dunque.

Forbici, allora.

Lacrime e sangue, altrimenti detto.

Dall’altro c’è la Politica, stranamente divisa sull’argomento tra chi – vedasi il deputato Stefania Pezzopane del Partito democratico e buona parte del Pd – convinti che si debba percorrere la strada della clausola sociale anche in questo cambio di appalto e la sola che salverebbe le attuali maestranze, e l’altra parte dell’emiciclo, 5 stelle in primis, più propensa alle idee di Tridico. Proprio la parlamentare abruzzese ha presentato un emendamento (scritto con le organizzazioni sindacali) orientato alla clausola sociale ma bocciato dal ministero della Funzione pubblica pare per alcune incomprensioni con il dicastero di Economia e Finanza. Lo stesso Pd, inoltre, ha presentato una interpellanza al ministro del Welfare Andrea Orlando e un ordine del giorno proprio sulla tematica. Mentre la stampa nazionale – tranne qualche eccezione a destra – tace sull’argomento.

Quindi ci sono i sindacati, compatti fin dalla primissima ora nel rivendicare l’utilizzo della normativa vigente, e quindi della clausola sociale, e battersi per tutte le maestranze impiegate sulla commessa. Lo hanno gridato più volte a Tridico, ribadito tramite alcuni rappresentanti in Parlamento, messo nero su bianco in audizione alla commissione Lavoro della Camera qualche giorno fa, e organizzando sei ore di sciopero nel mese di luglio e già proiettati alla mobilitazione nazionale il 15 settembre (non è troppo tardi?) se le cose non dovessero prendere una direzione diversa e i fatti appiopparsi il posto delle parole e della propaganda.

Nell’incertezza più totale e nel buio più pesto che ci sia, interviene a gamba tesa anche la Rti che gestisce la commessa. E lo fa con una lettera in cui, in pratica, dando la responsabilità di tutto a un importante calo di volumi (in realtà presente da almeno 6-7 mesi e una spada di Damocle per coloro assunti a 10 ore settimanali), annuncia di voler tagliare il personale adibito per metterlo altrove. Perché? A cosa serve adesso? Un braccio di ferro con INPS per avere un anno di proroga dell’appalto e quindi altri soldi pubblici?

E i lavoratori? Eroici, senza se e senza ma. Offrono ogni giorno un servizio essenziale nel grande marasma del welfare state dello Stivale (pensioni, ammortizzatori sociali, invalidità civile, prestazioni a sostegno del reddito, assegni familiari, assegno temporaneo, e tanto altro) nel nome di una speranza legittima, giusta e meritata – l’internalizzazione – ma piena zeppa di ostacoli, nubi ed enormi difficoltà. Come si sentono? Come i “Soldati” di Giuseppe Ungaretti e i protagonisti di “Waiting for Godot” di Samuel Beckett.

Sperando però che Godot, per tutte (tutte, assolutamente tutte) le 3.500 maestranze alla fine arrivi davvero…