L'inchiesta "I giovani e il lavoro"/ Il grido di dolore dei commercianti del centro

Tante saracinesche chiuse, molti disservizi ed entrate ridotte all'osso

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Occupazione, lavoro, negozi che chiudono e altri che navigano a vista.

Anche Bitonto risente della crisi economica internazionale ed oggi lo scenario che presenta la città è piuttosto significativo di come vadano i tempi: grande fatica fanno gli esercizi commerciali del quadrilatero del commercio del centro cittadino ad andare avanti, con diversi negozianti che arrancano e altri che addirittura chiudono i battenti.

È il caso, quest’ultimo, della Sisley (già da qualche settimana) e della Benetton (ultimo giorno, sabato scorso) che, dopo 26 anni di attività in città, abbassano le saracinesche dei due storici negozi di abbigliamento della griffe veneta.

A spiegarci le ragioni e le difficoltà del momento, il titolare Ruggiero D’Onofrio.

«Lavorare oggi, sia per il dipendente che per il titolare, è difficile – ci spiega D’Onofrio – Per il titolare, i costi di gestione sono elevati, c’è da pagare la merce, la luce, l’affitto del locale se non è tuo, i dipendenti. E se tutto viene rapportato al tenore di vita, è più complicato perché la gente, per via della crisi, spende quei pochi soldi che ha nel portafoglio più per mangiare che per un capo di abbigliamento. E non è neanche colpa della concorrenza dei centri commerciali, dei megastore o di determinati marchi. La concorrenza c’era, c’è e ci sarà sempre».

Non solo priorità e necessità del cliente che cambiano. D’Onofrio individua anche un’altra ragione della crisi attuale del commercio: «Oggi molti affittuari invece di chiudere un occhio e capire il momento, pretendono aumenti. Hanno anche loro delle buone motivazioni, ma si può fare qualcosa pur di evitare di avere locali completamente chiusi e vuoti».

Per dei negozi che chiudono, c’è inevitabilmente un numero di disoccupati che aumenta.

«Con la Sisley hanno perso lavoro due persone mentre con la Benetton sei – conclude il giovane proprietario – Un totale di otto dipendenti, tutte donne, chi già sposate, chi con famiglia, chi la sta programmando per il futuro, che ora, pur avendo un curriculum di tutto rispetto, si ritrovano a ripartire da zero».

Attività che abbassano per sempre la saracinesca ed altre che arrancano, come detto. Via Repubblica, l’arteria principale dello shopping bitontino, è un grido di dolore e amarezza. Il filo conduttore è uno solo: tasse aumentate del 20% circa e vendite diminuite del 30-35%. Ma non solo, perché tanti sono i problemi evidenziati dai vari commercianti.

«C’è tristezza – ci dice un negoziante – perché non ci sono le vendite ma soprattutto perché non ci sono le prospettive di un cambiamento, se non a lungo termine. Ma nel frattempo cosa dobbiamo fare? Io ho ridotto drasticamente gli acquisti, anzi praticamente quest’anno non ho comprato nulla perché non potevo rischiare insoluti, di non poter pagare la merce, avendo previsto ampiamente che avremmo venduto poco e niente. Compro quello che mi serve nell’immediato. Ho ridotto al massimo i costi. La gente è più attenta, già sa quello che vuole, compra solo ciò che serve mentre in passato capitava che entrava per un capo, si guardava in giro e comprava anche altro».

Dello stesso parere un altro noto negoziante che lamenta come gli acquisti vadano troppo a rilento. «In passato la gente per la comunione del figlio non avrebbe preso solo la camicia e la cravatta usando un abito di anni prima, avrebbe preso tutto il completo. Mentre i ragazzi prima compravano due jeans, ora solo uno».

Nel mirino dei commercianti c’è anche il Centro Commerciale Naturale. Dopo mesi di grandi proclami e iniziative, l’effetto del CCN sembra quasi sparito, o perlomeno stenta a decollare. «Non hanno capito che non stiamo a Milano, né per le cifre astronomiche che ci chiedono per gli affitti né per questi centri commerciali all’aperto – continuano – Bitonto è un paese agricolo, tradizionalista, è il paese che deve crescere insieme al CCN. Aprire la domenica è un sacrificio, sì dà luce alla città ma entrate per noi non ce ne sono. Attività come sfilate e concerti vanno bene per i bar ed i pub ma di certo non per noi commercianti. E poi mai nessuno è venuto con la tessera a spendere».

Un altro commerciante fa emergere poi un ulteriore problema: la questione multe. Diverse le sanzioni subite per non aver provveduto al pagamento del grattino per il parcheggio. «Non è normale spendere 8 euro al giorno per parcheggiare. Io ho risolto venendo in moto, in bici, a volte a piedi ma la gente che abita in periferia o anche colleghi commercianti che non abitano a Bitonto come fanno? Per questo abbiamo chiesto alle autorità di poter fare una tessera annuale con una sorta di “ricarica”, o un pass, o in ogni caso una riduzione del tariffario oneroso sia per i titolari che per i dipendenti, che hanno lamentato un taglio dallo stipendio di quasi 100 euro per il pagamento dei grattini».