"La lunga ombra. Cronache del Reich", il romanzo di Gioacchino Ventura

Il volume sarà presentato sabato 28 alle ore 18 presso la Libreria del Teatro

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I destini del mondo. Il nazismo trionfante. L’Unione Sovietica ormai allo stremo delle forze. Secondo conflitto mondiale, sembra ormai l’epilogo. Poi arrivano gli zombi, e quel sordo parteggiare per i non-morti…
Si è rivelata una godibile lettura La lunga ombra. Cronache del Reich, romanzo d’esordio dello scrittore terlizzese Gioachino Ventura, detto “Gecchi”.
Sospese tra le declinazioni della science-fiction e le categorie della psicostoria, le vicende del secondo conflitto mondiale, nel loro momento topico, sono l’ambito di sperimentazione del romanzo. Il mondo che Ventura fa accomodare sul divano freudiano finisce per sciogliersi nella più paradossale delle confessioni.
Siamo ben dentro l’alveo del fantascientifico, o forse se ne è appena fuori, in uno dei non sempre limpidi rivoli del filone horror-zombie che qui si vorrebbe osservatorio privilegiato d’indagine, un po’ come la letteratura nell’800 e la psicanalisi nel ‘900. 
La storia del mondo, come un “io” da analizzare, mostra le sue insondabili latebre, leggibili appena con le doppie lenti dell’allucinazione. 
Sotto le sue spoglie, apparentemente solenni, la Storia qui rivisitata si rivela in un’empia metamorfosi, che definisce la sua stessa rappresentazione. Si coglie la portata dell’opera sin nelle sue prime pagine, in cui la narrazione tout court fa aggio sull’ansia scenico-teatrale, finalizzata a conferire, a tratti artatamente, il giusto pathos alle vicende.
L’abilità dell’autore è nel saper non-dire, e nel suggerire subliminalmente la “sua” lettura delle cose, attraverso racconto e personaggi ben strutturati (solo qualche veniale stilizzazione, come nel caso del sergente Steiner o della “segretaria” Galina, o del colonnello Furia), capaci di offrire al lettore un primo livello di coscienza dell’improbabilità della Storia. 
C’è spazio, a questo punto, perché si stagli all’orizzonte la metafora delle miserie esistenziali, in raccapriccianti creature che incedono, indolenti, a far tabula rasa dell’umanità negletta.
La Storia, allora, volta in ossessione difficilmente esorcizzabile con l’ironia, o con certi dialoghi o monologhi ineccepibili, dato che sullo sfondo delle vicende fa presto capolino la pratica questione della sopravvivenza del genere umano. Chi è degno di contrastare il male? Chi o cos’è il male? Si resta in un limbo psicologico, a mezz’aria tra Hitler e gli zombi, e si finisce persino per abbandonarsi a perturbanti tenerezze per i carnefici, pur di saper salvo il futuro del mondo.
Il sostrato onirico, che è nella narrazione de La lunga ombra, per cui tutto appare e nulla è, tende una trappola percettiva al lettore, avvinto nelle spire dei susseguenti coups de théâtre militari. Nessuna redenzione è ipotizzabile per l’uomo, né stando di qua, né di là di una barricata ideale, poiché non c’è alcuna linea divisoria tra razionale e irrazionale, tra latente e manifesto: sfumature e duplicità sono le sole “normalità” tracciabili dalla Storia. E questa narrata da Ventura, è storia di nevrosi e di psicosi, in cui l’alternativa all’orrore è un altro più grande, e più imprevisto, orrore. Le particolarità, le sensualità, le romanticherie del romanzo hanno il solo scopo di porre vicende e personaggi “ambigui”, pensiamo a Hitler, in un’adeguata ed elusiva penombra, in cui il lettore sospende il giudizio in attesa di nuovi, vieppiù sconvolgenti, sviluppi. 
È in questo passaggio la vera finezza di narratore di Ventura, in questo far sì che tutto sfugga ad una presa sicura, tutto sembri evanescente: luoghi fumosi, tra fumanti macerie, strategie militari inficiate, scenari geopolitici intriganti ma irreali; persino i gradi militari, cuciti sulle divise degli ufficiali, vanno e vengono, tra promozioni e punizioni, dando la misura di una certa qual caducità dell’essere.
Sempre di buon ritmo narrativo, il romanzo tocca vari temi politici, come quelli che oggi si definirebbero “europei”, dal predominio tedesco alle relative ritrosie britanniche (un perplesso J. M. Keynes è chiamato a pronunciarsi, nel caos generale delle proposte in campo, per dirimere una cruciale questione economico-internazionale), fino ai Paesi mediterranei, come Italia e Spagna, sempre in subordine rispetto alla Germania e per lo più asserviti al disegno megalomane hitleriano. Il resto, fino al finale, è di gran lunga meglio leggerlo che farselo anticipare. 
 
Gioachino Ventura, La lunga ombra. Cronache del Reich. Arkadia Editore, Cagliari, 2018.