La maggioranza si divide sulle modifiche al regolamento sulla vendita di beni immobili

Non passano le modifiche proposte. Bocciato l'emendamento proposto dal consigliere Domenico Pinto

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Se per Dup, schema di bilancio di previsione e Piano Triennale delle opere pubbliche, il consiglio comunale si è espresso a maggioranza in maniera positiva, semaforo rosso, invece, per le modifiche al regolamento comunale per l’alienazione e l’acquisto di immobili, ultimo punto all’ordine del giorno della seduta del 27 maggio. Un punto già rimandato in passato, perché, da parte di alcune delle forze politiche di maggioranza, era stata manifestata la volontà di prendere del tempo per garantire maggior trasparenza al regolamento comunale in materia.

Attualmente, le norme in vigore prevedono che, quando si mette in vendita un bene immobile comunale, qualora la prima asta sia deserta, se ne faccia una seconda che parte dallo stesso valore. Successivamente, nel casso anche la seconda asta fosse disertata da tutti, si procede con una trattativa con i privati di cui è data pubblicità in modo da dare ad altri privati la possibilità di fornire controproposte.

Le modifiche al regolamento che sono state proposte in consiglio, invece, vogliono dare la possibilità agli uffici di poter diminuire il valore dell’immobile di una percentuale che, a discrezione degli uffici e del dirigente, può arrivare fino al 10%.

In discussione, anche un emendamento, proposto dal consigliere Domenico Pinto (Partito Democratico), volto a garantire ancora maggiore trasparenza, riducendo la discrezionalità agli uffici e cercando di evitare il ricorso a trattative private.

«In base alla normativa attuale, se la prima asta è deserta, si procede ad una seconda che parte dallo stesso valore. Il che rende molto probabile che anche la seconda sia deserta, favorendo il ricorso alla trattativa privata» spiega Pinto, illustrando e motivando le modifiche ulteriori proposte nel suo emendamento: «In un momento in cui l’azione amministrativa tutta è sotto gli occhi della magistratura e di una classe politica che ha fatto delle manette una ragione di esistenza, non dobbiamo prestare il fianco a situazioni in cui si possano generare fenomeni collusivi o accordi per frodare l’ente locale. Ritengo che, proprio per evitare accordi di tipo collusivo si debba prevedere, nella seconda asta, una riduzione del valore di partenza che sia stabilita in una percentuale fissa al 10% (ma si può prevedere una diversa percentuale), proprio per evitare il ricorso alla discrezionalità del dirigente comunale. È necessaria una normativa chiara e trasparente».

L’emendamento di Pinto, inoltre, prevede che, qualora la seconda asta continui ad essere disertata da tutti, ci sia la possibilità, dopo un termine prestabilito, di una terza asta con una riduzione del valore di partenza di un ulteriore 10%, garantendo ampia pubblicità. Solo dopo diversi tentativi, dunque, si procede dunque, alla trattativa privata.

L’emendamento, prima di approdare in consiglio, aveva ricevuto parere negativo da parte dell’ufficio Patrimonio e della responsabile Tiziana Conte. Un parere ampiamente contestato da Pinto, che lo giudica ideologico, privo di osservazioni tecniche e infarcito di commenti politici e idee personali.

«Non dice perché tecnicamente – accusa Pinto – la riduzione fissa del 10% non si possa fare. Dice che la proposta di tre aste potrebbe generare accordi di tipo collusivo, senza spiegare come e perché. Ci sono diverse regioni che prevedono tutto ciò. Le trattative private, se pur siano previste dalla legge, devono sempre essere l’estrema ratio, in quanto favoriscono fenomeni di corruzione».

L’ultima delle modifiche suggerite dal consigliere del Pd è la possibilità di fare ricorso alle aste telematiche. Una possibilità contro cui si è scagliata la consigliera Carmela Rossiello (Forza Italia), che, appoggiando il parere degli uffici «così chiaro e limpido» e annunciando voto contrario, sottolinea la mancanza di questo strumento nella normativa nazionale originaria: «Non vedo perché mettere in discussione una normativa che, dal ’24, ha funzionato bene e che, anche se vetusta, resta valida».

Osservazioni a cui ha risposto lo stesso consigliere Pinto, evidenziando come il regio decreto del ’24 sia stato modificato più volte e che anche in altri comuni si fa ricorso alle aste telematiche: «Parliamo di un regio decreto stilato nel 1924, quando internet non esisteva. Se si è fatto ricorso in provincia di Cuneo alle aste telematiche, vuol dire che queste non sono contrarie alla legge».

«A mio parere, la possibilità di ogni discrezione da parte degli uffici non può essere eliminata così, con un tratto di penna. Non sarebbe corretto» spiega il segretario generale Salvatore Bonasia, sottolineando che l’espressione di un parere tecnico non è vincolante nelle decisioni di un consiglio e non pregiudica le prerogative dei consiglieri: «In un ambiente malsano è facile far andare deserte le prime due aste e assicurarsi un bene il cui valore d’asta iniziale è ridotto del 20%».

Osservazioni non condivise da Pinto, che a chi come Gaetano Santoruvo (70032) e il presidente del consiglio comunale Vito Labianca (Sud al Centro), propone di ritirare l’emendamento per discuterne successivamente, insieme a tutte le forze politiche, comunica di non volerlo fare e di voler procedere con la votazione, non credendo alla possibilità di ritornare nuovamente a discutere la questione, in caso di ritiro e di approvazione del semplice punto all’ordine del giorno: «Non credo che sul territorio siano presenti organizzazioni che siano in grado di impedire a chiunque di presentarsi all’asta. In più l’asta telematiche garantisce l’anonimato, l’impossibilità di sapere chi partecipa, garantendo, al tempo stesso, partecipazione, trasparenza e riservatezza. Per tutte queste ragioni, non ritiro l’emendamento».

La proposta di Pinto riceve l’appoggio di Antonella Vaccaro (Pd), Franco Natilla (Bitonto Riformista) e Pasquale Castellano (Officina Partecipata).

Il sindaco Michele Abbaticchio, invece, pur appoggiando le finalità e la visione politica di quanto proposto dall’esponente del partito Democratico, si affida ai pareri degli uffici: «Il peso del loro parere, essendo un atto tecnico, è più rilevante. Fermo restando che il fine ultimo di arrivare ad un regolamento trasparente e oggettivo, è condiviso da tutti».

La proposta, alla fine, non passa. A votare in maniera favorevole solamente cinque consiglieri, mentre il sindaco si astiene e Carmela Rossiello vota negativamente. Astenuti o assenti gli altri. Non passa, tuttavia, neanche la proposta all’ordine del giorno, che, alla luce della bocciatura dell’emendamento, riceve l’astensione di Pinto, Vaccaro e Castellano.

La maggioranza, dunque, si divide sull’argomento. Ed è, dunque, facile immaginare che tutto ciò potrebbe avere strascichi sugli equilibri politici di Palazzo Gentile.