La Storia. Il santuario Yasukuni, sacrario militare al centro di diatribe internazionali

Le visite annuali dei politici giapponesi provocano l'indignazione dei Paesi vicini, Cina in Primis

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Come i Paesi occidentali, anche il Giappone ogni anno commemora tutti i militari che hanno perso la vita combattendo.
In particolare, quest'anno, in cui ricorre il centenario della Prima Guerra Mondiale e il settantesimo anniversario della Seconda.

Il principale sacrario militare a Tokyo è il Santuario Yasukuni, il cui nome significa letteralmente "santuario della pace nazionale".

Situato nel quartiere di Chiyoda, a nord-ovest del Palazzo Imperiale, il santuario è stato costruito nel 1869 per venerare i militari imperiali morti nella guerra Boshin, la guerra civile contro lo shogunato Tokugawa.

Da allora, nel Libro delle Anime del santuario, sono stati aggiunti oltre 2 milioni tra uomini e donne, comprendendo tutti i militari e civili impiegati dall'esercito deceduti durante le guerre intraprese dal Giappone imperiale, come le guerre contro la Cina, la guerra russo-giapponese e le due guerre mondiali. Defunti le cui anime sono considerate sacre, secondo la religione shintoista che, fino al 1946, anno di entrata in vigore della nuova costituzione, era religione di stato.

Sono inoltre compresi soldati stranieri, coreani e taiwanesi, arruolati nell'esercito giapponese.
Non sono venerati i morti dopo il 1951, anno del Trattato di San Francisco, in cui l'esercito nipponico, condannando il militarismo, è diventato Forza di Autodifesa Giapponese, con l'impossibilità di partecipare a conflitti armati, fatta salva l'eccezione di operazioni internazionali per il mantenimento della pace.

Ogni anno capi di stato e politici si recano al santuario shintoista per rendere omaggio ai caduti di guerra. Nulla di strano, sembrerebbe. Ogni paese commemora i propri caduti.

Questo luogo, tuttavia, è al centro di controversie internazionali. Le visite annuali, da tempo, continuano a far rivivere fantasmi del passato e a riaprire vecchie ferite con i Paesi vicini. Cina in primis, ma anche Taiwan e le due Coree, per una volta unite, contestano al Paese del Sol Levante di commemorare anche chi, nei loro territori, si macchiò di gravi crimini di guerra. Negli anni passati, per questo motivo, si sono tenute in Cina numerose manifestazioni anti-giapponesi.

Nel santuario, infatti, sono commemorati anche i militari che presero parte alle guerre di invasione condotte inseguendo il sogno panasiatico del Giappone di affermarsi come prima potenza in Asia e nell'Oceano Pacifico. Militari giudicati criminali di guerra per le atrocità commesse. Tra essi vi è anche il generale Hideki Tojo, primo ministro durante la Seconda Guerra Mondiale, arrestato e condannato a morte dal Tribunale Militare Internazionale per l'Estremo Oriente, tribunale simile a quello di Norimberga, istituito dagli americani per giudicare le violenze perpetrate dalle truppe giapponesi.

L'esercito nipponico, infatti, non fu molto clemente nei territori conquistati nel sud-est asiatico. Secondo stime americane, circa 30 milioni di persone, in Cina, Filippine, Vietnam, Corea, Malesia, Birmania, Cambogia e Indonesia, furono uccise. I loro paesi furono saccheggiati. Tantissimi furono rinchiusi in campi di concentramento al cui interno l'aspettativa di vita era davvero bassa. Tra tutti, furono i cinesi, che con il Giappone condividono una storica rivalità, a subire maggiormente violenze e soprusi dall'imperialismo del Sol Levante.

Accanto al santuario Yakusuni vi è anche un museo sulla seconda guerra mondiale, che ospita cannoni usati dai soldati, un aereo militare dell'epoca e un vecchio treno militare, oltre a libri, materiale audio e video. Questo museo è giudicato revisionista dai suddetti Paesi che vi vedono un luogo dove si esalta quel militarismo che salì al potere tra gli anni '20 e '30 e che, con le sue aggressioni, ha generato grandi sofferenze e umiliazioni.

Anche le guide turistiche avvertono che la visita in questo luogo potrebbe urtare la sensibilità di alcuni visitatori (si sottintendono i turisti asiatici). Il dibattito è aperto, del resto, tra gli stessi giapponesi. La politica è divisa tra la sinistra, che contesta le visite istituzionali allo Yasukuni, condannando il passato militarista e imperialista, e la destra, soprattutto quella estrema, che preme affinchè continuino.

Spesso, all'entrata del luogo sacro, stazionano manifestanti intenti a distribuire materiale a sostegno delle proprie tesi, specialmente quelle favorevoli alle commemorazioni, tra cui un saggio del giornalista taiwanese Huang Wenxiong, di posizione anti-cinese, che sostiene che la Cina dovrebbe ringraziare il Giappone perchè, nelle regioni da esso controllate, furono costruite infrastrutture che contribuirono a modernizzare l'economia cinese e furono avviati sforzi per diffondere l'alfabetizzazione.
Secondo il giornalista, inoltre, i giapponesi riuscirono a interrompere le guerre civili che insanguinarono il paese e ostacolarono le mire imperialistiche dei paesi occidentali cercando di unificare l'Asia orientale.

Dibattiti che, del resto, non sono molto distanti da quelli che tuttora ci sono da noi, sul passato colonialista delle potenze occidentali.