La triste storia dell'albero di Piazza Moro che divenne cassonetto per i rifiuti

Un altro "fulgido" esempio della civiltà bitontina

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Mica se l'aspettava di finire così.
 
Lui, il signor Leccio - un po' ritorto dal tempo che è passato, certo, ma tosto tanto da resistere ancora a mille intemperie - ricorda ancora tutto.
Il giorno in cui una mano un poco callosa di sacro lavoro lo sotterrò ancora piccolo piccolo come un cece e sussurro parole di speranza in un domani migliore.

E quante ne ha viste da quel giorno.  Ancora virgulto ha visto i figli di questa terra meravigliosa e struggente partire per la grande guerra.
Ha sentito riecheggiare la voce stentorea della bazza prominente di Predappio che annunciava le imprese dell'Impero che si sarebbe rivelato di cartone.

Poi, ha visto susseguirsi le generazioni che nella consueta catena dell'umanità si alternavano negli anni.
Con la sua ombra pietosa ha donato rezzo ai contadini che al calar del sole rincasavano dalla fatica quotidiana.

Ha ascoltato le parole fasulle di mille politici da palchi di ogni sorta ed ha sentito la corteccia solcarsi di rughe sempre più profonde.
Randagi si acciambellavano nell'aiuoletta che custodiva le sue radici ed era felice d'essere per un attimo fuggente casa per chi era nomade per natura.

Una notte, addirittura, vi si accoccolò in una culla di cartone persino un uomo che dicevano senzatetto, ma forse era solo senzamore.
E quella volta, gli si spalancò una voragine grossa così nel petto del tronco.

Negli ultimi anni, hanno preso a fargli delle strambe acconciature, che lo facevano tremare dal freddo e dal raccapriccio, lasciandogli solo spogli rami intirizziti.
Piangeva non visto soprattutto perché nel frattempo gli amici canterini non potevano più edificare le loro casette e dovevano volare via.

Fino all'estremo oltraggio, la cavità che per lui era memoria di un dolore per le mani dei soliti barbari bitontini è divenuta un ignobile ricettacolo di ogni tipo di rifiuto.
Bottiglie di plastica, cartacce e oggetti vari. Il signor Leccio è diventato un cassonetto, senza che nessuno peraltro lo vada a svuotare quotidianamente.            

Ieri, infine, ha provato a urlare la sua disperazione ad alcune encomiabili associazioni ambientaliste che sulla piazza si affannavano a far capire ai sordi concittadini il valore della differenziata.
Niente da fare. 

Il signor Leccio, sempre più accigliato, è rimasto così, in silenzio, col cuore ferito per sempre...