Ricordo di Lillino Caldarola del Forno del Sacro Cuore. Con infinita gratitudine

Rapito due giorni fa dal solito male crudele. Se ne va con lui la nostra stessa giovinezza

Stampa l'articolo
No, non era un semplice panettiere. Era la nostra stessa giovinezza. Certo, una pizzella spettacolare, la sua, che avresti voluto nella stanza principale del Louvre delle Focacce, ma quel rettangolo inebriante con pomodoro e funghetti poteva essere tutto. Perché sapevi che per quella meraviglia tu avresti scommesso la tua stessa vita di studente del Liceo Classico, ché quel trancio veniva subito dopo le ore di latino e greco. Anzi, appena all'orizzonte si stagliava un imprevedibile e graditissimo "sconto di pena", cioè si usciva a mezzodì, si volava difilato proprio lì, al Panificio del Sacro Cuore. E, per chi frequentava il Corso A, era una prova di abilità da 007 sgattaiolare sotto le finestre dell'augusta magione della inimitabile, unica, intramontabile professoressa Maria Fornella, che avrebbe provveduto il dì seguente ad incarnare la dispietata Dike per chi si fosse fatto beccare nell'incauta operazione. E, una volta superata la dura ordalia, c'era il sorriso di Lillino ad accoglierti con naturale bontà e sconfinata generosità. Il coltellaccio aggiungeva sempre, non toglieva mai. Così, questo ragazzo alto e magherrimo- un mistero restare tale in mezzo a quel ben d'Iddio - era amico di tutti e conosceva di tutti sogni e ambasce, mattie e progetti. La sua dolce affabilità malcelava la ferita profonda di una nipote - e che ragazza! - volata via troppo presto, per lo stesso male, chissà. In questi mesi, circolava voce sempre più insistente che voleva Lillino spegnersi inesorabilmente. Stamane, la notizia che mai avresti voluto avere. Il suo transito quaggiù è stato troppo breve e pure funestato da tragedie. Adesso, è lassù, ne sono certo. Perché Lillino, quaggiù, già dispensava a noi assaggi di paradiso per i nostri palati e i nostri cuori. Che oggi hanno perso la loro stessa giovinezza...