“A Tor Bella Monaca non piove mai”, Marco Bocci racconta e presenta il suo esordio da scrittore

L'attore, che ha definito il romanzo "pop", ritrae la realtà di «coloro che possono apparire come dei perdenti, gli sfruttati malpagati e frustati che devono combattere ogni giorno per vivere e far valere i propri diritti»

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Tor Bella Monaca è una frazione della Roma Capitale, che sorge sul lato nord della via Casilina.

E’ una zona periferica che sorse tra gli anni ’20 e ’30 del XX secolo ed è lì che Mauro Borri, Fabio e Domenico vivono impelagandosi in strade da cui probabilmente non sarebbero mai potuti più uscire.

Alla soglia di una vita che non va, decidono di improvvisarsi cattivi e di rapinare i mafiosi cinesi sfidando, così, il destino crudele.

E’ questo lo scenario con cui si apre il primo romanzo dell’attore umbro Marco Bocci, “A Tor Bella Monaca non piove mai”.

«Ho voluto descrivere quella periferia – ha raccontato, lo scorso lunedì, durante la sua presentazione del libro presso il Teatro Traetta, organizzata dal Parco delle Arti , anche se la storia in se per se può vivere in qualsiasi altra periferia italiana per quel che accade. Son legato particolarmente a Tor Bella Monaca perché lì ho fatto uno spettacolo teatrale tempo fa e ci ho vissuto un po’ di tempo». 

Ricorda – così come ha sottolineato il sindaco Michele Abbaticchio – l’ultimo Pasolini. Lo sguardo è volto a «coloro che possono apparire come dei perdenti, gli sfruttati malpagati e frustati che devono combattere ogni giorno per vivere e far valere i propri diritti. L’ho dedicato a loro per dar loro una possibilità di riscatto».

Pasolini ha sempre descritto la gente di periferia come la base da cui partire per costruire una nuova società e la media e alta borghesia come quella che sarebbe potuta morire nei suoi vizi. «Il suo è stato un tipo di ragionamento più integralista, io non vedo, invece, questa distinzione netta. La gente che ha meno è quella più pura, meno viziata, più leale e onesta. Ho descritto una realtà che non vive dell’apparenza, ma di ciò che è. Vengo dal paese e lì resto, tra la gente dai sani valori».

Ci sono momenti in cui, tuttavia, perdono la loro purezza come i protagonisti del romanzo ed è quello in cui le istituzioni si dimenticano di loro e cercano, pertanto, di far valere i propri diritti.

Marco Bocci descrive in maniera ironica e grottesca questa fetta dell’umanità, definendo “A Tor Bella Monaca” un romanzo pop «perché è ritmato, di strada e sa mescolarsi anche con il thriller e il giallo nella sua critica a quella parte dell’Italia che continua a non andare».

Attore di teatro, cinema e tv. Adesso si ritrova a far capolino nel mondo della scrittura, che «è sempre stato per me un hobby, da quando aveva diciassette/diciotto anni. L’ho vista come una valvola di sfogo, ma non ho mai avuto l’ambizione di fare lo scrittore. Il mio mestiere è sempre stato quello dell’attore, ho capito subito che volevo farlo e ho lavorato sodo per raggiungere i miei obiettivi».

Mediante il racconto degli inizi della sua carriera, grazie agli insegnamenti di Luca Ronconi, è venuta fuori la sua vera indole. Marco Bocci ama recitare e riesce a scindere i due mondi in cui passeggia, quello reale e quello del mondo costruito su un copione.