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"Terra d’ombra": nel romanzo di Mariano Rizzo rivive il Mezzogiorno del Seicento

Protagonista, il pittore campano Paolo Finoglio, che narra la sua storia affascinante e avventurosa

31 gennaio 2022 - 09:00
di La Redazione

TERRA D’OMBRA DI MARIANO RIZZO DI ANGELA ANIELLO Come ogni opera nasce spesso dal contrasto fra luce e ombra, anche nel romanzo “Terra d’ombra” pubblicato da Edizioni di Pagina e scritto dal bravissimo archivista e paleografo Mariano Rizzo, l’intreccio delle forme e dei panneggi fa da sfondo a un ambiguo Mezzogiorno seicentesco in cui talora tutto pare dissolversi e tutto ricomincia. Il protagonista, il pittore campano Paolo Finoglio, narra la sua storia in quattro sezioni, a loro volta suddivise in capitoli: Bianco d’ossa (Napoli, 1604-1612), Blu d’oltremare (Lecce, 1613-1623), Rosso di Marte (Napoli, 1623-1632) e Nero di vite (Conversano, 1635-1645). Nella narrazione si alternano parti in prima persona e parti in terza persona con una sfumatura onirica e misteriosa che avvince il lettore e spesso lo trasporta in situazioni quasi paradossali e al limite. Anche l’amore, passionale, viscerale, represso è una componente fondamentale: si può inseguire un’idea di donna per tutta la vita? Si può stigmatizzare sulla tela un volto e un corpo sotto cui si nascondono varie personalità femminili? Il mondo dell’arte si tinge di un mistero da ricercare continuamente in un’ambiguità di identità e di incubi che alterano le notti e i giorni. Grandi i maestri con cui Finoglio viene a contatto nel suo apprendistato e influenzano la sua produzione anche se tutto deve essere filtrato da una personalizzazione delle tecniche e dei contenuti. L’estro del Caravaggio e l’originalità di Artemisia Gentileschi arricchiscono le sue tele di dettagli inconfondibili. L’arte, l’amore, la vita stessa sono inscindibili e spesso il pittore paga con un prezzo troppo alto la sua creatività perché ha sempre uno spirito inquieto e intemperante. Tutto parte da una scintilla di ribellione pur di essere se stesso fino in fondo e fedele al suo credo. Non è facile emergere e distinguersi, non è semplice avere commissioni importanti, non è difficile cadere nel dimenticatoio. La consapevolezza nasce dalla capacità di saper guardare le proprie ferite, di sacrificare affetti che poi si rivelano errati, di chiedere perdono quando è necessario Patrizia, ‘Nzina sono nomi di macare che continuano a scorrergli dentro come l’Idume in un vortice di desiderio e in un impeto di travolgente passione. A volte ritardare la scelta significa perdere un’occasione, altre salva dalla perdizione ma la tentazione resta nell’anima, divampa come un fuoco e mai si addormenta. “Il luogo giusto può essere raggiunto anche percorrendo vie sbagliate”: il peso di queste parole resta addosso a Paolo per lungo tempo mentre lame di sole e buio lo dilaniano. I pensieri si affollano continuamente, si traducono in ombre negli spazi della bottega e divengono audace pennello nella perfetta composizione di colori, geometrie, figure, sembianze. Gli spazi sono sempre descritti con dovizia di particolari che attestano la meticolosità del lavoro di ricerca dell’autore per fornire un quadro completo e aderente al vero: Lecce, Napoli e Conversano sono ricostruite in maniera puntuale con un netto contrasto fra il lusso sfarzoso e una dilagante povertà. Il titolo “Terra d’ombra” gioca sia sul pigmento da cui prende il nome sia sui contrasti e sulle contraddizioni che caratterizzano il Seicento. “L’amor, che nella mente mi ragiona/ allaccia l’alme in dolci aspre catene” canta quasi sussurrando una donna pizzicando le corde di uno strumento bizzarro e Paolo si ferma ad ascoltare ricordando il Sommo Poeta. Non c’è distanza che possa trattenere dal ricordare, non c’è separazione dal vero che riemerge in maniera preponderante in un tempo amico e nemico e troppo intricato e quel che echeggia alle spalle resta come un’ombra impressa per sempre.
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