"Dall'indaco al blu - poesie al confine", la nuova raccolta di Alessandro Robles

Ci si arricchisce alla fine di questa lettura di occhi stracolmi, di ritorni di cuore, di una brezza di mare che è autenticità di essere e sentire

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DI ANGELA ANIELLO

Ogni volta che mi accingo a leggere i versi di Alessandro Robles, dall’anima in poesia e musica, non posso che restare piacevolmente stupita e catturata per la profondità sublime che lo connota e lo contraddistingue. Anche in questa silloge “Dall’indaco al blu” la poesia si fa confine fra cielo e mare, fra cuore ed emozioni, fra asprezze e sentimenti, fra la bellezza e la sua intima fruizione. Mirabile la prefazione scritta da Mario Sicolo che, con uno sguardo perduto all’orizzonte, sa ascoltare le ferite del poeta.

Alessandro in un infinito anelito alla libertà, al vento che increspa le onde del mare, all’avventura dei sogni, voli bellissimi, in questa sua quarta silloge impregna il lettore di meraviglia cadenzando il suo passo con un ritmo di una lieve musicalità ch’è canto della vita, alla vita e per la vita. Bellissima la dedica iniziale alla sua Lucrezia e “al suo mondo al confine pregno di luce che brilla sulle creste dell’Egeo”. È qui che il poeta con anima inquieta trova rifugio, è qui il suo mondo, il suo universo che invita ai mattini tersi, alle oniriche aurore, ai graffi di un istante, agli addii e ai ritorni perché quel che tintinna fra le corde del cuore è un flusso alternato di sinfonie d’anima. L’approdo in un altro tempo prigioniero di vento e mare, figlio di una terra antica di una bellezza precaria e velenosa, è coronato da impagabili tramonti, solitudini e nuovi perdoni. All’angolo dei suoi anni il poeta sente di meritare un attimo tutto suo, perso nella verità del mare, dove la libertà si può sorseggiare lontana dai pesi anche quando la bruma allunga le braccia ed elemosina colori.

Dove finiscono i sussurri dei giorni funesti? Come fanno gli oleandri ad accontentarsi sempre? Il poeta medita, si interroga e come quegli alberi mette radici ai margini e ai agita al vento d’estate. La silloge è arricchita dalle opere grafiche di Carlo Marrale, fortemente liriche, contraddistinte da pennellate che inquadrano perfettamente il mare in tempesta, le assi che scricchiolano, il profumo di salsedine. Incantevole l’incrocio dei colori con legami sommessi e con l’instabilità dell’essere in un poliedrico respiro di vita e mistero. Lo stesso mare nella poesia di Alessandro è protagonista sia quando cattura l’onda che sbuffa sul bordo dell’anima, sia quando accende il cuore di un desiderio impavido. Ci vuole coraggio per mollare gli ormeggi e lasciarsi andare, è la legge nel mare che ha un mar di turchese, là dove basta un faro ad abitare un istintivo amore. I profili smerlati del sole insieme a quelli di antiche isole e penisole vagheggiano un mondo quasi sospeso popolato di piccoli gatti, appartati e silenti, custodi di luoghi e abitazioni e di vecchie col fazzoletto, curve di anni e di vita, sole e fedelissime spose nel prodigio e nella noia di un pomeriggio greco. Il mare, il cielo, le nuvole, un’orchestra di cicale… al poeta basta questo e tutto il resto è tipota. Quando i grilli chiamano il mare, quando il sogno è una parola nel silenzio, quando il sole al bagnasciuga lascia l’ultima carezza, quando il cuore naviga in bonaccia, i gabbiani improvvisano voli, il passato svolta e appare il miraggio di una lambita felicità.

Come cacciare le nubi? Come coprire la distanza? Come restare gonfi di entusiasmo col mare incollato ad ogni cosa? Scocca l’ora che fa innamorare e si raccoglie nel cuore mentre le mani tremano amando perdutamente in un sorso di luci e di incanto. Il mare non muore neppure quando sfugge qualcosa alla sostanza dei giorni, allora il battito coincide con quello del silenzio e, se ci si rannicchia dentro l’unica conca di cielo, forse le assonanze tra le parole sono memorie all’interno di un grande dolore. Per fortuna l’amicizia è una presenza, un tocco deciso contro un’irruente diffidenza: il poeta sa di non avere colpa perché nessuno può scioperare dal mestiere di amare. Ci si arricchisce alla fine di questa lettura di occhi stracolmi, di ritorni di cuore, di una brezza di mare che è autenticità di essere e sentire. La poesia qui è un azzardo di luce che mai sbiadirà.