Gramsci e i suoi anni in carcere nell’ultimo libro di Giuseppe Vacca

I suoi dubbi e interrogativi e le responsabilità del Comintern tra gli argomenti dell’opera presentata ieri a Bitonto

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Quali sono stati i pensieri di Antonio Gramsci, durante i suoi dieci anni di prigionia a Turi? Si è fatto davvero tutto per liberarlo? E chi aveva interesse a farlo? Quale è stato il ruolo del Comintern e di Togliatti in quello che possiamo definire uno degli episodi più tristi del ventennio fascista?

A questi e altri interrogativi ha provato a dare una risposta il professor Giuseppe Vacca, uno dei maggiori conoscitori del pensiero gramsciano e presidente della Fondazione Antonio Gramsci, che dal vecchio PCI ha ereditato l’archivio del pensatore marxista. Ne ha, infatti, discusso nella sua ultima opera “Vita e pensieri di Antonio Gramsci 1926-1937”, presentato ieri, nella vecchia Chiesa di Santa Caterina di Alessandria, nell’ambito del secondo appuntamento della rassegna “Pillole di World Citizen”.

Hanno introdotto la discussione Marco Tribuzio, organizzatore dell’evento, e il professor Sabino Lafasciano, dirigente scolastico e docente di filosofia.

“La dottrina di Gramsci, assieme a quella di Marx, hanno costituito, in molti giovani della mia generazione, l’antidoto alla deriva verso posizioni estremiste”ha sottolineato Lafasciano, ricordando la pesante critica che il pensatore sardo muove al marxismo sovietico: “C’era l’interesse all’interno del Comintern affinchè Gramsci restasse confinato nel carcere. Bisognava impedirgli di pensare”.

“Non sono mai esistite le condizioni affinché venisse liberato – ha continuato l’autoreSe l’Urss avesse voluto avrebbe potuto organizzare uno scambio di prigionieri per liberarlo. Per Mussolini il segretario del PCI era una preda importante, ma rappresentava un vulnus agli occhi dell’opinione pubblica, già indignata dalla vicenda Matteotti. Inoltre date le precarie condizioni di salute in cui versava Gramsci, Mussolini temeva la sua morte in carcere. Ecco perché il duce poteva avere interesse alla sua liberazione. Interesse non altrettanto provato dal Comintern”.

Ma quali erano i punti di disaccordo con la politica e il pensiero sovietico, nel pensiero del segretario comunista?

“Nell’ideologia di Stalin viene meno l’idea di internazionale – ha spiegato Vacca – Per il leader sovietico, nelle relazioni internazionali contavano solo i rapporti bilaterali, spesso con governi molto distanti dalla dottrina comunista, tanto da intrattenere rapporti con i regimi fascisti d’Europa. Inoltre, con Gramsci in carcere si evitava la divulgazione delle sue tesi”.

Un’ostilità che, secondo l’autore del libro, perdurò anche dopo la morte del pensatore, avvenuta nel ’37: “Anche alla fine degli anni Quaranta e all’inizio dei Cinquanta, in parte del PCI forte era l’ostilità verso l’ideologia di Gramsci, tanto che la pubblicazione dei suoi “Quaderni dal carcere” fu sottoposta ad un forte controllo e fu pubblicato meno della metà di quanto scritto dal pensatore marxista”.