Il maestro Ermanno Olmi e il suo “Villaggio di cartone”: una grande lezione di umanità

L'altro ieri l'82enne regista bergamasco è stato ospite della Fondazione "Opera Santi Medici Cosma e Damiano"

Stampa l'articolo

Sono passate 3 settimane dalla strage di Lampedusa.
Il Mediterraneo, che anche etimologicamente si trova “tra le terre”, non ha permesso a centinaia di migranti di toccare anche quella di arrivo.
Altri ce l’hanno fatta e ora sono chiamati a costruirsi faticosamente un futuro.

Chi li ha aiutati a sopravvivere, intanto, rischia l’accusa di favoreggiamento di un reato. Simili a  tutti loro e a migliaia di altri disperati che dall’Africa tentano di iniziare una nuova vita in Europa sono i protagonisti de “Il Villaggio di Cartone” proiettato ieri sera al cinema Coviello, alla presenza del suo regista, il maestro Ermanno Olmi. Bergamasco, 82 anni portati con estrema lucidità, Olmi è stato ospite di una serata organizzata dal Comune di Bitontoe dalla Fondazione “Opera Santi Medici Cosma e Damiano” rappresentati ieri sera rispettivamente dalla vicesindaco Rosa Calò e dal presidente don Ciccio Savino.  

Una chiesa svuotata da tutti i suoi arredi, un parroco rimasto solo, tradito anche dal suo sacrestano, in un luogo sacro divenuto ormai inutile, privo di fedeli, almeno quelli di sempre. Perché in una notte di tempesta, un gruppo di migranti africani in condizioni disperate, i pochi sopravvissuti a un tragico naufragio, arriva nella chiesa e lì vi stabilisce il suo momentaneo “villaggio”.

Tra di loro anche estremisti e trafficanti della disperazione che vendono a caro prezzo un po’ di cibo o un “passaggio per la Francia”. Ma soprattutto tanti volti umani, figli di un continente in cui qualcuno, a causa della totale mancanza di sicurezza di quella situazione, decide di tornare immediatamente. Sono loro a risvegliare un po’ di orgoglio in quel sacerdote che non si lascia intimorire dalle minacce di coloro che devono far rispettare leggi a volte assurde. Ritrova così la forza del suo essere un uomo di Dio mentre sembra abbandonarsi sempre più alla stanchezza e alle contraddizioni che lo portano a una sorta di ribaltamento di ruoli tra il suo e quello di un medico ateo al quale è lui a confessarsi.  

Questa la trama del “Villaggio di Cartone” di Olmi, i cui “abitanti” credono in un Dio che non si dichiara né cristiano né musulmano né altro. Perché “per fare il bene non serve la fede: il bene è più forte della fede”. Un concetto rimarcato dal regista anche nel dibattito seguito alla proiezione del film e moderato dal critico cinematografico Oscar Iarrussi. “La vera Chiesa – ha detto Olmi – non è quella che ti chiede in che Dio credi, ma quella che fa il bene, l’unica cosa che conta”. Soprattutto davanti a tanta miseria che porta a domandarsi, come fa uno dei personaggi del film, se “anche Dio non faccia più il suo dovere”.  

A margine della proiezione, Ermanno Olmi non ha fatto mancare il suo sguardo esperto sul cinema italiano, fatto, a suo dire di “film bellissimi girati da giovani registi, ignorati però dal mercato. La crisi del cinema italiano – ha ammonito – è la crisi di un pubblico a cui non viene fatto capire quali opere hanno un valore, un sintomo del degrado di tutta la società”.  

Entusiasta la risposta della cittadinanza bitontina che ha riempito quasi interamente la sala del Coviello. Bitonto, tra l’altro, nel periodo di realizzazione del film accoglieva 2 degli attori protagonisti, allora ospitati presso la Fondazione “Santi Medici”.