Il videogioco e il suo rapporto con cultura, arte ed economia. Se ne parla al Cineporto di Bari

Una tavola rotonda per comprendere cosa è il media videoludico oggi, tra potenzialità e criticità

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Il videogioco, o videogame, è un media giovane, dalla storia molto breve. Il primo prototipo, sviluppato solo a fine di ricerca scientifica si ebbe negli anni ’50, ma solo con gli anni ’70, con l’ingresso sul mercato e la creazione dei primi giochi commerciali, inizia la sua rapida evoluzione, che lo ha portato a diventare quello che è oggi. Un vero e proprio media, che è gioco, intrattenimento, ma è anche, più o meno a seconda della tipologia, mezzo di comunicazione, in grado di narrare, raccontare. Un racconto interattivo di cui l’utente, il videogiocatore, o gamer, a seconda dell’idioma che si vuol utilizzare, è chiamato ad impersonare e controllare il protagonista o i protagonisti, all’interno di un ambiente virtuale e di meccaniche più o meno limitate. Un mercato in crescita esponenziale, dal fatturato globale che ha superato cinema e musica, parte integrante della cultura popolare odierna. Un fenomeno amato, odiato, talvolta demonizzato, spesso poco conosciuto veramente.

Ma cosa sono i videogiochi oggi? Possono o meno configurarsi come forma d’arte? Che rapporto c’è il media videoludico e la cultura e l’economia? Che ruolo hanno i videogiochi nel conflittuale mercato dell’informazione? Può un videogioco affrontare temi etici, politici? Gli sviluppatori sono artisti, operai, imprenditori, artigiani? Qual è il rapporto tra capitalismo, mercato, attività creative, arte e intrattenimento? Quali sono i rischi reali legati all’utilizzo dei videogiochi? Possono essere utilizzati a scopo educativo?

Domande a cui si è cercato di dar risposta nella tavola rotonda dal titolo “Videogames capitalismo e alta cultura”, che si è tenuta martedì 17 dicembre al Cineporto di Bari. Un’iniziativa alla sua seconda edizione, che si inserisce in un progetto internazionale che parte proprio da Bari. Un’occasione per parlare dell’argomento da diversi punti di vista, insieme a professori di economia e di storia, professionisti del settore videoludico, letterati, artisti, imprenditori e giornalisti, per dare risposte a nuovi e vecchi interrogativi, ma anche per porre nuove domande.

«Oggi l’audiovisivo non è soltanto cinema. I nuovi linguaggi sono ormai una componente molto importante della filiera e dell’industria cinematografica, che comprendono non solo il cinema o la televisione, ma anche nuove tecnologie come, appunto, il gaming» spiega Simonetta Dellomonaco, presidente dell’Apulia Film Commission e ospite dell’evento. Come tutte le Film Commission, infatti, anche quella pugliese include ormai il videogioco nella più grande famiglia dell’audiovisivo, da promuovere e sostenere. Del resto, per chi conosce un po’ il tema, basti pensare alle numerose performance di attori reali nei videogiochi, per comprendere la forte connessione che c’è con il mondo del cinema.

«Il gaming rappresenta una sezione importantissima sotto diversi aspetti. Dunque, perché non investire su questo importante fenomeno? Ad esempio, può essere utilizzato anche per incentivare la fruizione di musei, beni monumentali e archeologici, biblioteche» continua Dellomonaco, annunciando che, a breve, sarà prossima l’apertura dell’Apulia Film House, nel restaurato Palazzo del Mezzogiorno, nell’area della Fiera del Levante, che sarà «oltre che una casa del cinema, un centro di produzione multimediale che includerà anche le nuove tecnologie digitali, come gaming, animazione, realtà virtuale, realtà aumentata».

Un aspetto sottolineato anche da Ines Pierucci, assessore alla Cultura del Comune di Bari, citando l’esempio del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che ha prodotto e distribuito “Father and son” per connettere il museo con il pubblico di tutto il mondo: «In questo modo il Mann ha fatto del videogioco un modo per diffondere la cultura e ha portato il museo fuori dal museo».

«Le istituzioni possono e devono partecipare, a nostro avviso, devono partecipare, a nostro avviso, alla produzione videoludica, perché, se si lascia solo al mercato capitalista lo sviluppo dei videogiochi, quest’ultimo non farà altro che fare quel che sa fare meglio, cioè vendere, anche sfruttando quelle che sono le criticità legate al fenomeno» aggiunge Fabio Belsanti, organizzatore della tavola rotonda e game designer, con formazione da storico, per P.M.Studios, società barese operante nel settore del software interattivo d’intrattenimento, educativo, storico-ricostruttivo e multimediale.

«Il videogame ha, in sé, delle criticità e il ruolo delle istituzioni dovrebbe essere imparare a governare e disciplinare il fenomeno» continua Belsanti, sottolineando come sia importante che già dalle scuole si parli di come interfacciarsi a questo nuovo mezzo di comunicazione.