Razzismo e cittadinanza. L’Associazione “Liberi Tutti” ne discute in un pubblico confronto

Dal ruolo dei mezzi di informazione alla legge Bossi-Fini e ai Centri di Permanenza Temporanea, tanti gli argomenti discussi

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Razzismo e cittadinanza. L’Associazione “Liberi Tutti” ne discute in un pubblico confronto Un momento della serata
Razzismo. Un argomento da sempre al centro delle cronache. Un sentimento purtroppo diffuso nella società. Più volte negli ultimi tempi se ne è discusso, soprattutto a seguito di affermazioni fuori luogo pronunciate da esponenti del mondo politico, ricollegabili sostanzialmente alla destra estrema.

E se da un lato dalla politica arrivano segnali volti all’integrazione, come la nomina del ministro Cècile Kyenge, dall’altro tristi fatti di cronaca, aventi come protagonisti individui stranieri, aumentano nella gente paura e, di conseguenza, sentimenti razzisti.

Della questione si è parlato ieri in “Razzismo e cittadinanza”, l’incontro organizzato ieri dall’associazione “Liberi tutti”. Il primo di una serie di appuntamenti nati con l'intento di far nascere un dibattito vivo, vero, non impostato, superando la modalità conferenziale classica.

Ad introdurre l’evento è stato Mattia Quaratino, presidente dell’associazione, che ha passato in rassegna alcune delle frasi razziste pronunciate da politici: da Tosi, Salvini e Borghezio della Lega Nord, agli esponenti di Forza Nuova, che recentemente si sono resi responsabili di un assalto al Partito Democratico di Bari. Nella rassegna hanno trovato posto persino alcune frasi pronunciate da Berlusconi e da Grillo.

Il caso Kabobo (il cittadino africano che recentemente ha ucciso a colpi di piccone tre persone, ndr) ha avuto un attenzione morbosa da parte dei mezzi di informazione. Un’attenzione volta ad identificare l’immigrato con il delinquente. Si parla di immigrazione solo come un problema di ordine pubblico” ha evidenziato Michele Vacca, membro di “Liberi Tutti”, che ha criticato i media perché “la notizia di un immigrato annegato dopo aver salvato due bambini non ha avuto la stessa attenzione”.

Non mancano casi in cui il razzismo colpisce altri cittadini italiani – continua Vacca – Lo dimostrano recenti casi in cui i mezzi di informazione hanno eccessivamente sottolineato l’origine calabrese dei protagonisti, come il caso Preiti, il folle che ha sparato a Roma, davanti al Parlamento, e quello del ragazzo reo di aver bruciato la propria ragazza”.

La discussione ha fornito anche l’occasione per parlare di ius soli, la riforma, voluta dal ministro Kyenge, che permetterebbe ai figli di stranieri nati in Italia, di avere automaticamente la cittadinanza del Bel Paese.

Durante il consesso non poteva non discutersi anche della legge Bossi-Fini, illustrata da Gaetano Santoruvo, altro esponente dell’associazione: “E’ una legge condannata sia dalla Corte di Cassazione sia dall’UE, perché eccessivamente repressiva”.

 Sotto accusa, l’aggravante della clandestinità, “chiaramente in contrasto con l’ordinamento italiano, laddove stabilisce che per lo stesso reato non possono applicarsi trattamenti differenti, sulla base di qualità personali”.

 “Assurdo”, secondo l’intervenuto, “è il legare la possibilità di permanenza al possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, requisito che neanche gli stessi italiani riescono ad avere”.

 Intervenuta, tra gli altri, Ornela, ragazza albanese residente a Bitonto da quindici anni, che ha illustrato la lunga trafila per ottenere, dopo dieci anni di permanenza, la cittadinanza italiana: “Un procedimento difficile, lunghissimo e costoso. Vivo con la mia famiglia da tanto, ma ancora non posso votare. E’ assurdo dato che viviamo qui da tanti anni, paghiamo le tasse e ci sentiamo perfettamente integrati nella comunità”.

 A raccontare, invece, le dure condizioni dei migranti nel Cara di Palese e negli altri Centri di permanenza Temporanea è stato, invece, Federico Cuscito, volontario del “Socrate Occupato”, vecchia e dismessa scuola di Bari, occupata da rifugiati provenienti dal continente africano.

 “Una volta usciti dal centro è difficile usufruire della seconda accoglienza. I ritardi nelle procedure burocratiche necessarie per il soggiorno nel Paese fanno si che si vada oltre il limite massimo di tempo in cui lo straniero può restare in Italia. Da quel momento in poi, anche se attende l’esito di un eventuale ricorso, a seguito di diniego del permesso di soggiorno, per la polizia è perseguibile” ha concluso Cuscito.