“Sur-real. Fra le stelle della banalità”, il monito di Mariella Pisicchio al recupero del senso di comunità

Da ieri, sono in esposizione a MariArte dieci tele dell'artista barese. Sono l’espressione dei bisogni di uomini, donne alla ricerca sempre della felicità, amore, empatia e solidarietà

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“Sur-real. Fra le stelle della banalità”. Grande successo, ieri, dell’inaugurazione della terza personale d’arte di Mariella Pisicchio nella casa delle arti “MariArte”, moderata da Maria Cucinella e realizzata in collaborazione con Okiko the Drama Company. In esposizione, dieci tele di cui tre sul peccato originale e il resto sull’incomunicabilità, l’amore, l’adolescenza, il lockdown, l’apocalisse, sulla solitudine di una spiaggia affollata e soleggiata, la donna marionetta. Otto tele sono state dipinte con tecnica ad olio e due in acrilico.  L’artista barese ha convolto i presenti all’inaugurazione in un dialogo intergenerazionale molto costruttivo e li ha condotti in un viaggio dei perché, fra le stelle della banalità di una realtà ricca di paradossi, una ricerca affannosa di speranze e di rivoluzioni ancora da compiere, specie da parte dei giovani, per tornare ad essere in primis persone che riescono a comunicare e soddisfare i propri bisogni di felicità, amore, solidarietà. È difficile non sentirsi soli in un mondo esacerbato da egoismo, invidia, pregiudizio, prevaricazioni, dal monetizzare tutto, anche i sentimenti, e dal male. E ciò che a volte può sembrare così tanto surreale, alla fine si rivela essere reale perché ci sono cose che l’uomo vorrebbe non vedere. Nell’ammirare le tele della Pisicchio, così, uno dei presenti alla mostra ha sottolineato che quello che avesse dipinto fosse fin troppo reale, si è chiesto il perché nel titolo della personale si fosse parlato di surreale. La risposta sta nel significato etimologico del termine stesso: sopra il reale. Quello che l’artista ha voluto creare è un mondo al di sopra del reale per esplorare la profondità della psiche dell’uomo, rinascere e trovare le chiavi di volta all’aridità, all’indifferenza, alla frenesia di una corsa verso un futuro da costruire con il peso di responsabilità e aspettative da soddisfare. Eugenio Montale in uno dei suoi capolavori, “I limoni” della raccolta “Ossi di seppia”, scriveva: “Vedi, in questi silenzi in cui le cose s’abbandonano e sembrano vicine e a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità”. Questo significa che il surreale oggi non attinge più da immaginari onirici o fantasmagorici che trovano il loro senso nell’estremo imprevedibile e inconseguente, ma con i suoi paradossi filtra da quelle che sono le crepe del reale. Nasce quando quello che accade si scosta sensibilmente dal modo in cui normalmente ne si fa esperienza e risulta strano, finto, sbagliato, assurdo. Ecco, è assurdo che lo sguardo di un adolescente possa essere perso nel vuoto, disorientato tra speranze che sembrano vogliano spegnersi, è assurdo che la solitudine del lockdown per la pandemia del Coronavirus non abbia portato ad incrementare realmente la solidarietà, ma abbia inasprito ancora di più il mondo, abbia sfilacciato il tessuto sociale che va ricucito alla riscoperta del senso della comunità. «Siamo ancora in tempo per recuperarlo cambiando percorso, sfondando il muro dell’indifferenza – ha detto l’artista-. Il mio è un messaggio di speranza: noi siamo persone e non ce lo dobbiamo dimenticare. La nostra vita deve tendere alla felicità, anche se potrebbe essere un’utopia raggiungerla». Le chiavi di volta, allora, alla banalità e aridità del quotidiano sono: la simpatia, l’empatia, la fiducia, la comunicazione, l’ascolto, la solidarietà, la scoperta, la passione, il credere in se stessi e perseguire i propri obiettivi, lo stare bene con se stessi e poi con gli altri. È questo quello che è venuto fuori dal viaggio guidato nel mondo “surreale” della Pisicchio: «Mi affascina le banalità del quotidiano. Mi ispirano atteggiamenti, parole e soprattutto sguardi. E ci sono temi che mi sono più cari, come il peccato originale da cui prende vita l’uomo. Nel mio viaggio dei perché -ha concluso-, nella mia solitudine, con l’arte voglio fare luce con un lanternino nel profondo, per mettere in risalto disagi e bisogni».