Una studentessa: "Questa folle 'detenzione' ci sta aiutando a rallentare il passo, per ammirare la bellezza che ci circonda"

"Nessuno avrebbe pensato di doversi rinchiudere nella fortezza che ci ha visti bambini, che ci ha protetti da tristezza e paura"

Stampa l'articolo
Una studentessa: 'Questa folle 'detenzione' ci sta aiutando a rallentare il passo, per ammirare la bellezza che ci circonda' La ragazza alla finestra, Salvador Dalì

Spesso penso a quanto assurda possa essere la vita, a quanto possa sorprenderci, alle volte, con una facilità sconvolgente e quasi terrificante. È la più astratta e incomprensibile combinazione di casi, cause, effetti ed esperienze.

Non ci sarà mai qualcuno in grado di comprenderla a tal punto da poterne scrivere un manuale. Ed è forse questo ciò che la rende meravigliosamente affascinante, decisamente sorprendente e straordinariamente irresistibile.

Nessuno di noi avrebbe pensato di doversi rinchiudere necessariamente ed obbligatoriamente in quella fortezza tanto accogliente e familiare che ci ha visti bambini, che ci ha protetti dalla tristezza e della paura, ma che ha anche saputo custodire premurosamente i nostri sogni e accogliere amorevolmente i nostri successi. Proviamo soltanto a pensare quanto di noi ci sia tra quelle mura che l’isolamento ci sta portando ad odiare; quanto di noi ci sia tra quelle porte che abbiamo sbattuto tutte le volte che la delusione ci ha sopraffatti, schiacciandoci ed annientandoci; quanto di noi ci sia tra quei mobili che hanno sorretto i nostri corpi mortali e per questo deboli dinnanzi alle intemperie della vita.

Proviamo a pensarci, intensamente, ogni qual volta che vorremmo evadere come fossimo prigionieri segregati, come fossimo assassini, marchiati da una feroce ed irreparabile colpa. Forse il mondo ha voluto darci un segnale, uno di quelli inconfondibili che si insinuano inevitabilmente con grande forza ed evidenza, forse il mondo ha voluto tutelarci ancora una volta, ha voluto coprirci le spalle e risparmiarci una disastrosa e irreversibile rovina, ha voluto fermarci prima del punto di non ritorno, prima della nostra fine suprema ed incondizionata. E piuttosto che ringraziarlo, cosa facciamo? Continuiamo a lamentarci per la mancata colazione “cornetto e cappuccino” in compagnia dinnanzi al mare, per le palestre chiuse e per i progetti lavorativi saltati.

Sappiamo essere così ingrati alla vita, ad una vita che ci fa da maestra di vita stessa, ad una vita che sa accudirci teneramente e che ci fortifica nello stesso millesimo di secondo. Una vita che continuiamo a sabotare, a disprezzare, a deridere e trascurare. Una vita che nonostante tutte le ferite laceranti subite continua ad essere lì per noi, senza chiedere alcuna ricompensa o retribuzione.

Oggi voglio parlare a me stessa, come fossi filosofo esperto conoscitore dell’eternità, della mutevolezza delle cose e dell’imprevedibilità degli eventi. Oggi voglio parlare a me stessa, ma non solo: voglio parlare a tutti coloro che possano udirmi, che vogliano udirmi, a tutti coloro che stanno cercando disperatamente qualche intrattenimento, qualche sollievo alla propria sentita e provata reclusione, alla propria forzata ma salutare prigionia.

E allora ascoltatemi perché voglio mostrarvi quanto apprezzabile sia questa folle detenzione, quanto ci stia restituendo gratuitamente nonostante la libertà di cui ci ha privati, quanto ci stia regalando nonostante il prezzo da pagare: ci ha permesso di rallentare il passo durante la corsa in continua salita solo per poter ammirare la bellezza estenuante del panorama circostante; ci ha permesso di paralizzare e rimandare momentaneamente tutti i nostri impegni solo per poter riscoprire la famiglia, le sue incantevoli sfaccettature e le sue affascinanti sfumature; ci ha permesso di riprendere fiato dopo un’apnea debilitante che per mesi abbiamo desiderato veder cessare, che si è nutrita delle nostre energie e purtroppo anche della nostra felicità.

Eravamo stati privati di ogni felicità, di ogni gioia e ragion d’esistere. Eravamo stati privati di ogni linfa, essenza vitale senza che neppure ce ne accorgessimo, senza un preavviso o senza un possibile tentativo di replica. Il mondo ci ha messi alla prova, ha voluto arduamente sfidarci per poter comprendere pienamente di cosa noi uomini siamo capaci, di quanto il nostro limite sappia modificarsi continuamente e spingersi oltre; ha voluto assaporare la “pasta” di cui siam fatti per poterci giudicare razionalmente; ha voluto ferirci solo per poter scoprire la cura necessaria alla nostra guarigione. E perciò lasciamoci medicare da questo medico esperto che dai fallimenti ha imparato tanto e che dalle vittorie non si è mai lasciato superficialmente illudere o cambiare. Apprezziamo ciò che la vita in questo momento ci sta offrendo.

Amiamoci anche a distanza, anche nella cattiva sorte, anche nella sonnolenza provvisoria delle nostre vite. Amiamoci, amiamoci ed amiamoci ancora, ora che ci è permesso di farlo incondizionatamente, spregiudicatamente e smodatamente. Vedrete così, miei cari, che il tempo non sarà più così ferocemente e spietatamente eterno, anche in una singola e, per noi, tanto opprimente stanza.

EMANUELA RINALDI