La forma dell’acqua

Leone d’oro a Venezia, 13 candidature agli Oscar, 4 premi vinti tra cui Miglior film e regia. C’è tutto Del Toro nel suo ultimo instant-cult

Nella Baltimora del 1962 in piena guerra fredda, la giovane Elisa conduce una vita spenta, priva di ambizioni lavorando nel laboratorio al Centro di Ricerca Aerospaziale di Occam come donna delle pulizie. Un giorno però entra per sbaglio in una stanza e scopre una creatura straordinaria in una vasca piena d’acqua: un uomo anfibio, catturato in Amazzonia. La creatura e la ragazza finiscono per legarsi sempre più.

Guillermo Del Toro ritorna ai fasti del “Labirinto del fauno” e porta sullo schermo questa fiaba gotica/dark in bilico tra horror e fantascienza. Un film che piacerà a quelli che amano il cinema, dato che strizza l’occhio al cinema classico ai film di Ginger Roberts e Fred Astaire passando inevitabilmente per “Il mostro della laguna” autentico monster cult targato Universal.

Non è errato dire che The shape of water (titolo originale) rappresenta tutto quello che il cinema dovrebbe essere: storia semplice, avvincente, che spazia tra il fantasy, il noir, il thriller e la favola romantica. Il film racconta qualcosa di importante riuscendo a coniugare forma e sostanza, intrattenimento e arte.

Risulta veramente difficile non restare rapiti dalla magia di questo film, al quale non servono budget spropositati per regalarci un apparato visivo spettacolare, una regia che propone dei movimenti di macchina incredibili (basta vedere il piano sequenza con cui si apre il film) e una narrazione realizzata in maniera raffinata.

Viene fuori una storia che può sembrare assurda e semplice, ma che viene apprezzata sia se non si colgono alcuni riferimenti, sia se si vuole andare nello specifico.

Alla fine il film parla primariamente di una cosa, ovvero di amore. Amore tra due persone cosi diverse, ma allo stesso tempo cosi vicine che risulta incomprensibile a tutto il mondo. Lo stesso mondo che però è capace di vedere nella protagonista Elisa (Sally Hawkins) nient’altro che un’insignificante donna delle pulizie, e nell’essere anfibio soltanto un mostro da studiare ed esaminare. Ciò che li unisce, quindi, è il loro essere giudicati “inferiori” da una società che non li apprezza e trova in loro solo motivo di curiosità o di derisione.

A questo infatti si aggiungono i due co-protagonisti che sono due personaggi anche loro discriminati, ovvero una donna di colore (Octavia Spencer) e un un vecchio omosessuale (Richard Jenkins). Paradossalmente questo sentimento di diversità finirà per far unire “la bella e la bestia” in un sentimento inaccessibile a chiunque altro creando qualcosa di unico e puro.

Qualcosa di unico come l’amore e puro come l’acqua. Perché l’acqua prende la forma di ciò che la ospita, e cos’è l’amore se non prendere la forma dell’altro?