Due biglietti per la felicità (Caroline Vermalle)

Nelle favole l’attesa vale, perché l’amore di sempre torna. Aspetta il momento giusto, ma torna

Scelgo questo romanzo per distrarmi, ma anche la distrazione è riflessiva. Apprezzo la narrativa trasparente di leggerezza sana, dove cuore e amore fanno sempre rima.

E, dunque, ci sono anch’io nella casa vacanze a Villerude in avenue des Pins 57. 

Incontro Rose Millet, 33 anni, alla ricerca della gioia.

Il successo come violoncellista, il fidanzato tenero e scontato, i contratti doverosi nei teatri di tutto il mondo, per la protagonista, rappresentano solo una copertura affascinante del suo vuoto interiore.

Incontro Antoine, proiezionista di pellicole cinematografiche e tuttofare, amante infelice, uomo indeciso, con la passione per la costruzione di giocattoli con pezzi riciclati.

Antoine sente e ascolta spesso lo spettro di Camille, il defunto proprietario che continua ad aggirarsi nel cinema. Il fantasma di Camille, più che un disturbo di percezione, in fondo, non è altro che Titi, la parte libera e vivace di Antoine.

Ed è in questo luogo interiore che Rose e Titi, amici d’infanzia, dopo tanti anni, possono rincontrarsi. I due si riconoscono, ricordano, riannodano fili e segreti e si innamorano ognuno/a di sé, dell’altra/o, della storia d’amore possibile, adoperandosi con tutte le forze nell’attività di salvare il prezioso violoncello di Rose e il vecchio cinema di paese.

Una nota stonata è, a pagina 14, il riferimento al film di Tornatore: che bisogno c’è di assicurare chi legge che la storia raccontata non c’entra con Cinema Paradiso? Aleggia l’idea vaga, di poter comprare libertà vendendo competenze e pezzi di vita e la convinzione che <volere è potere> e che <basta l’amore>, e la certezza, ancora più rovinosa, che <ognuno è artefice del proprio destino>.

Ma nelle favole l’attesa vale, perché l’amore di sempre torna.Aspetta il momento giusto, ma torna.

Un libro per continuare a raccontare storie, per non morire di fatica, per credere che il romanticismo è questo, meno faticoso dell’altro, quello filosofico e letterario.

Un romanzo musicale e carino (aggettivo che permetto a me di usare solo perchè ricattata dai ricordi).

Un pensiero dedicato a chi quel violoncello, nella soffitta di Avenue Louise, lo ha suonato per me: preludio della Suite n.1 di Johann Sebastian Bach.

“… Jhon! Mi dici sempre che ho le spalle troppo rigide, e sai perché? Perché ho paura di non riuscire a essere come ho promesso e ogni mattina mi sveglio con questo pensiero…” p.32

Penso che l’ispirazione sia riuscire a identificarsi con ciò che si fa. Nell’antichità, i Romani credevano che dentro ognuno di noi ci fosse uno spirito divino, una specie di guida che ci suggerisce cosa fare. In fondo l’ispirazione è quel momento magico in cui siamo in armonia con noi stessi e con il nostro spirito divino” p.132/3