La Politica, ieri e oggi/1961. Bitonto manifesta contro il terrorismo in Alto Adige

Studenti e docenti del Liceo Ginnasio Statale sfilarono fino al Monumento ai Caduti di piazza Marconi cantando inni patriottici

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1961. L’anno in cui l’Italia celebra il centenario della sua unificazione. Nei primi giorni di febbraio, in tutta Italia, diverse sono le manifestazioni, con migliaia di partecipanti. Anche al Sud, da Potenza a Manduria, da Taranto a Lecce. E anche a Bitonto, dove gli studenti del Liceo Ginnasio Statale, i docenti e il preside, il professor Cardone, sfilano per le vie cittadine per una manifestazione patriottica, cantando inni e dirigendosi verso il Monumento ai Caduti, dove depongono un fascio di fiori e dove il professor Labellarte tiene un discorso.

Ma cosa è successo? Perché queste manifestazioni?

Si manifesta contro il terrorismo altoatesino e per l’italianità dell’Alto Adige. Pochi giorni prima, mentre erano in corso trattative tra Italia e l’Austria per definire il confine tra i due paesi, una bomba distrugge, a Gleno di Montagna, nella Bassa Atesina, la villa di Ettore Tolomei, senatore durante il Regno d’Italia, ideatore della toponomastica italiana durante il fascismo e uno dei più significativi esponenti dell'irredentismo italiano. Già nel ’57 un ordigno era stato piazzato sulla sua tomba. Seguono, da febbraio ad aprile ‘61, altri ordigni alle case popolari di Bolzano, in un bar gestito da italiani a Termeno, la caserma della Guardia di Finanza a Silandro nella Val Venosta.

Se si parla di terrorismo, riferendosi alla storia d’Italia, probabilmente i più ricordano quello neofascista o quello di estrema sinistra. In pochi ricordano quello dei secessionisti altoatesino, che pure qualche vittima la fa, nei suoi trenta anni di attività.

Sin dagli anni ’50, ma in particolar modo negli anni Sessanta, una serie di attentati sconvolge l’Alto Adige. La matrice è l’irredentismo sudtirolese, che voleva l’annessione all’Austria di quello che non è considerato Alto Adige, ma Sud Tirolo. Un irredentismo che si era già manifestato in passato, quando il Völkischer Kampfring Südtirols, di ideologia nazista, predicò l’annessione della regione al Terzo Reich di Hitler, in un’ottica pangermanista.

Inizialmente, gli attentati sono a solo scopo dimostrativo, con l’obiettivo di accendere i riflettori sulla questione altoatesina. Ad iniziare la serie di attacchi dinamitardi è il Gruppo Stieler, così chiamato dal nome del leader Hans Stieler. Nel ’56, vicino Bolzano una bomba distrugge un traliccio e un’altra esplode nell’oratorio Don Bosco di Bressanone, mentre, nel gennaio dell’anno successivo, un altro ordigno esplode sulla linea ferroviaria del Brennero. Già nel ’57, tuttavia, i membri di questa organizzazione vengono arrestati. Dalle sue ceneri nasce il Fronte di Liberazione del Sudtirolo, noto con la sigla “Bas” (Befreiungsauschuss Südtirol), che con la bomba alla lapide di Tolomei, nel ’57, inizia la sua lunga scia di attentati.

Proprio dal ’61, la questione inizia a diventare più calda. E inizia la conta delle vittime, nonostante le direttive del gruppo fossero di evitare morti, ma di colpire monumenti (obiettivi iniziali furono i simboli ancora esistenti del fascismo, odiato per la sua opera di italianizzazione), tralicci dell’alta tensione e scuole italiane. La prima vittima, anche se accidentale, fu il cantoniere Giovanni Postal, che aveva rinvenuto un ordigno inesploso.

Nel luglio ’61, durante la “piccola notte dei fuochi”, diversi tralicci furono fatti saltare in aria, l’obiettivo di paralizzare il traffico ferroviario. Negli anni successivi, tuttavia, il movimento si radicalizzò sempre più, iniziando una lunga scia di attentati ricolti contro i membri delle forze dell’ordine. Dalla sua ha complicità anche in Austria e in Germania, persino in parte dell’opinione pubblica e della magistratura, benevola verso gli arrestati. L’Austria, in alcuni casi, offre anche asilo ai terroristi. 

In totale 361 sono gli attentati dal ’56 all’88, non solo da parte del Bas, attivo fino al ’69, ma anche di altre formazioni, tra cui "Ein Tirol", movimento neonazista responsabile, negli anni '80, di alcuni attentati dinamitardi. Le vittime sono 21, tra cui 15 esponenti delle forze dell’ordine, 2 civili e 4 terroristi uccisi dalla prematura esplosione delle cariche esplosive. 57 sono i feriti e 157 le persone condannate dalla giustizia italiana, tra cui italiani di lingua tedesca, austriaci e tedeschi della Germania Occidentale.

Alle vittime degli attentati sono dedicate anche le canzoni “Cima Vallona” di Guccini, dedicata ai tre carabinieri uccisi nell’attentato nell’omonima località, e “Brennero’66” dei Pooh.

Quello altoatesino è solo uno dei tanti indipendentismi che, storicamente, ci sono stati e, se pur oggi ridimensionati, ci sono ancora. Il più violento, dopo quello siciliano (diversissimo, tuttavia, per storia, ideologia e formazione). Tanti altri sono i movimenti secessionisti, autonomisti o indipendentisti che ci sono stati e ci sono ancora, specialmente al Nord, per ragioni economiche e geografiche. Dalla Sardegna, il cui Partito Sardo d’Azione è la più forte realtà indipendentista italiana a quello della Lega Nord, nata dall’unione di diversi movimenti autonomisti e indipendentisti del Nord Italia (di cui i principali sono stati Lega Lombarda e Liga Veneta).

Le regioni del Sud e quelle del Centro sono state storicamente le meno separatiste. Movimenti che abbracciano ideologie separatiste o autonomiste ce ne sono e ce ne son stati, spesso in polemica verso il Risorgimento italiano, ma rispetto ai movimenti già citati, si è trattato sempre di forze minoritarie, irrilevanti in politica. Ma si tratta di fenomeni più recenti, rispetto a quelli oggi trattati. Ne parleremo più in là.