La Politica, ieri e oggi/Crolla la Prima Repubblica. La fine del Psi e la diaspora socialista

Dopo mezzo secolo di dominio quasi incontrastato, le amministrative del '94 furono le prime elezioni in cui, a Bitonto, mancò il Partito Socialista Italiano

Stampa l'articolo

Dopo il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana, il terzo, fra i protagonisti della Prima Repubblica, a cadere fu il Partito Socialista Italiano, il più antico partito politico nazionale, quello che aveva rappresentato, sin dal suo esordio nel 1892, il prototipo del partito di massa. Ma anche quello che aveva sperimentato per primo, la personalizzazione e la spettacolarizzazione della politica, con la “mutazione genetica” (parole di Berlinguer) craxiana.

Afflitto in maniera notevole da episodi di corruzione, era stato la forza politica che più di tutte fu colpito dalle inchieste di “Mani Pulite”. L’inizio della fine fu il 1992, l’anno che avrebbe dovuto essere una ricorrenza da celebrare, festeggiare, per i socialisti italiani, che, il 14 agosto, spegnevano cento candeline. E, invece, in seguito allo scandalo di Tangentopoli, il partito entrò in crisi e attraversò una fase di forte difficoltà. Alle dimissioni di Bettino Craxi, seguirono numerosi cambi al vertice. Diversi segretari si avvicendarono, prima della definitiva fine del partito. Che avvenne il 12 novembre 1994.

Prima divenne segretario l’ex segretario Uil Giorgio Benvenuto, dimessosi pochi mesi dopo per dissidi interni al partito. A lui seguì Ottaviano Del Turco, ex segretario Cgil, che, a sua volta, si dimise a giugno ’94, lasciando spazio a Valdo Spini, a cui fu affidato il ruolo di coordinatore nazionale, con il compito di organizzare, entro l’anno, un congresso straordinario.

Che si tenne il 13 novembre 1994, a Roma, in un clima di forte tensione, ma anche di quasi rassegnazione verso quella che era l’ormai inevitabile destino del Psi. Era, infatti, maggioritaria la posizione dell’ex segretario Del Turco che, consapevole della gravissima crisi finanziaria del partito, indicava, come strada da seguire, la messa in liquidazione e la costituzione di un nuovo soggetto politico chiamato “Socialisti Italiani”. Minoritaria, invece, era la mozione contraria allo scioglimento del PSI.

Premesse che, quindi, non davano alcuna alternativa allo scioglimento del partito, scelta dolorosa, causata principalmente da motivazioni economiche, a partire dall’enorme situazione debitoria del partito generata dallo sfaldamento del gruppo dirigente dell'epoca craxiana e dal venir meno dei finanziamenti interni provenienti dal tesseramento e dalle contribuzioni di parlamentari e amministratori locali. Molte sezioni e sedi furono pignorate da banche e creditori.

Allo scioglimento del Psi, come per la Dc, seguì una disastrosa diaspora. Tra le principali formazioni politiche che sorsero dalla morte del partito, ci furono i Socialisti Italiani, con segretario Enrico Boselli e Gino Giugni, colui che era stato il “padre” dello Statuto dei lavoratori del 1970. L’obiettivo auspicato era quello di creare una coalizione democratica di sinistra. A differenza del Partito Socialista Riformista, con segretario Fabrizio Cicchitto e presidente Enrico Manca, che, pur rimanendo a sinistra, assunse una posizione autonoma. Ci furono, poi, la Fondazione Laburista di Valdo Spini, Alleanza Democratica dell’ex segretario socialista Giorgio Benvenuto. Nel 2001, dalla confluenza del Partito Socialista di Gianni De Michelis (1996) e della Lega Socialista di Bobo Craxi e Claudio Martelli, nacque il Nuovo Psi, ispirato ad un socialismo liberale e, spesso, alleato con il centrodestra. Anche a livello locale, a Bitonto, è stato spesso al fianco di Forza Italia.

Molti ex esponenti del Psi, inoltre, confluirono nelle forze politiche sorte, a destra e a sinistra, con l’avvento della Seconda Repubblica: Forza Italia, Popolo della Libertà, Nuovo Centrodestra, Alternativa Popolare, Democratici di Sinistra, Margherita, Patto Democratico.

Ci fu bisogno di aspettare 13 anni per assistere ad una rinascita di un Psi che, tuttavia, rispetto a quello finito nel ’94, era ed è ancora oggi fortemente ridimensionato.

Oltre a questi nuovi soggetti politici, infine, lo sfaldamento dei socialisti si manifestò in un moltiplicarsi di piccoli partitini e movimenti.

Le amministrative del 1994 furono le prime elezioni in cui, a Bitonto, mancò quello che era stato il partito predominante per quasi mezzo secolo. Se non ci fossero state la parentesi dal ’61 al ’71 e la brevissima esperienza di Michele Labianca, dall’85 all’87, in cui fu la Democrazia Cristiana a governare la città e a nominare il primo cittadino, quello del Psi sarebbe stato un dominio ininterrotto per cinquanta anni.