La Politica, ieri e oggi/I nuovi protagonisti della politica nazionale e locale: i partiti personali

Si impongono definitivamente, a livello nazionale, con l’ascesa di Silvio Berlusconi e la sua Forza Italia

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Dalla dissoluzione dei vecchi partiti di massa, come abbiamo più volte già accennato, nacquero nuovi protagonisti che si imposero sulla scena nazionale e locale divenendo i protagonisti della cosiddetta Seconda Repubblica. Abbiamo già parlato delle liste civiche, che si moltiplicarono nei comuni, facendosi sempre più influenti negli equilibri cittadini, e di Forza Italia che, con Silvio Berlusconi, scese in campo all’inizio del 1994, sancendo definitivamente l’inizio di quella videopolitica che trovava le sue origini già nel decennio precedente.

Tra le nuove tipologie di partiti che, con l’avvento della Seconda Repubblica, si affacciano nella politica italiana, ci sono i partiti personali. Sono partiti molto meno strutturati, che, abbandonando le identità fondate sull’ideologia, traggono la loro legittimità da un altro fattore: la figura del leader.

Si impongono definitivamente, a livello nazionale, con l’ascesa di Silvio Berlusconi e la sua Forza Italia, che si fonda quasi esclusivamente sulla sua forte figura carismatica, in grado di presentarsi all’elettorato italiano tramite la televisione, tramite il suo impero mediatico e il suo ruolo di presidente di una delle più importanti società calcistiche italiane, il Milan.

L’affermarsi del partito personale berlusconiano non è affatto improvviso. Uno dei modelli alla sua base era stato, nel decennio precedente, Bettino Craxi, che diede un notevole contributo alla creazione del partito personale e leaderistico, basato sul carisma del capo.

Non solo. La figura di Berlusconi aveva anche un altro illustre precedente, in tempi decisamente più lontani. Parliamo di Achille Lauro, il cui Partito Monarchico Popolare (1954) è ricordato da alcuni storici come il primo partito personale della storia repubblicana.

Questo nuovo tipo di partiti politici è caratterizzato da una struttura organizzativa ridotta al minimo indispensabile. Sono partiti liquidi, privi di quella organizzazione gerarchica che, invece, aveva connotato i partiti di massa. Non c’è affatto un grande legame tra centro e periferia. Nascosti dall’ombra di questi nuovi soggetti nati intorno al leader, si celano rapporti di potere siglati a livello locale, che sfuggono a qualsiasi controllo del vertice. Nel territorio ogni potere privato è libero di gestire per proprio conto proprio le risorse e le alleanze, mentre il centro assiste impotente alle condotte dei signori dei territori, che forti del proprio pacchetto di preferenze e di tessere racimolate ad hoc per aumentare la propria potenza contrattuale, rastrellano finanziamenti elettorali.

Limitandoci alla Seconda Repubblica e tralasciando il precedente di Lauro, Forza Italia fu il primo partito puramente personale, fondato attorno al leader Berlusconi. Ma non fu certo l’unico. La tendenza, in breve, contagiò tutti i partiti italiani, che accentuarono il ruolo della leadership a scapito dell’organizzazione. Nacquero diversi partiti personali, attorno a figure popolari o carismatiche. Possiamo citare, a livello nazionale, l’Italia dei Valori, nata intorno all’ex magistrato Antonio Di Pietro, divenuto popolare per il suo ruolo in Mani Pulite. O, qualche anno dopo, Sinistra, Ecologia e Libertà, fondata da Nichi Vendola. E, ancora, Gli Amici di Beppe Grillo, divenuti, poi, Movimento 5 Stelle, prima di smarcarsi dalla figura del leader fondatore. Possiamo definire partiti personali anche Italia Viva, nata intorno alla figura di Matteo Renzi e tanti altri partiti minori che, a diversi livelli dell’azione amministrativa, si affacciano nell’arena politica. Anche la Lega Nord, con Matteo Salvini, abbandona definitivamente la sua identità regionalistica, per diventare un partito personale che trae forza dalla popolarità del suo leader.

Sono, ripetiamo, partiti liquidi e senza solide basi, in cui i militanti, sono stati sostituiti da professionisti della comunicazione e del marketing, impegnati in una campagna elettorale permanente. Partiti che, limitandosi a proporre politiche generali, su temi condivisi da tutti, hanno rinunciato a quel ruolo di istruzione e orientamento dell’opinione pubblica che svolsero i loro antenati.

A contribuire alla moltiplicazione di questi partiti, sono state anche le elezioni primarie, che hanno favorito l’ascesa di partiti personali e di leader carismatici e populisti, finendo per delegittimare ancor di più quel che resta dei partiti politici. Fallendo clamorosamente nell’obiettivo di incrementare la partecipazione. A causa delle primarie, nuovi partiti personali hanno visto la luce. Partiti liquidi e deboli, che nulla possono contro la volontà del proprio leader, acclamato a furor di popolo dai cittadini. Partiti in cui è azzerato il ruolo dei militanti e dei gruppi dirigenti, anche grazie a nuovi mezzi di comunicazione che possono dar l’illusione, talvolta, di un contatto aperto e diretto con il capo. Tutto questo rappresenta un chiaro sintomo di debolezza, scambiato, tuttavia, spesso per decisionismo, nell’erronea convinzione che troppa democrazia interna è nociva per l’efficacia e la stabilità interna del partito.

Allo stesso tempo, mentre accentuano tutte le loro funzioni al vertice, le forze politiche affrontano derive centrifughe sempre più marcate che generano la proliferazione di piccoli partiti personali dispersi nelle periferie. Proliferano liste per il sindaco, create per appoggiare il candidato alle elezioni, dalla vita breve, in quanto solitamente o scompaiono o vengono inglobate in un partito di riferimento. Esse, solitamente, sono frutto di una strategia elettorale più che della tanto retoricamente sbandierata “scelta dal basso”. Talvolta sono realmente liste ad una persona, la cui durata dipende dall’andamento elettorale.

Un fenomeno che, ovviamente, si manifesta anche a Bitonto, sia pur con i suoi tempi. Nel corso delle varie tornate elettorali aumentano le liste puramente personali, basate unicamente sulla figura del candidato, il cui nome è spesso indicato nel simbolo. Bisogna aspettare in 2008 per avere liste che rientrano appieno in questa categoria, come la Lista Valla, che nacque per supportare il candidato sindaco di centrodestra Raffaele Valla (salvo poi, a fine mandato, andare all’opposizione, mantenendo lo stesso nome, ma questa è un’altra storia). O come la Lista Morea, che, sempre nel 2008, supportò Arcangelo Morea.   

Il 2012, l’anno della vittoria del civismo sulla politica a Bitonto, tra le civiche che si presentarono ci fu Giovani per Michele Abbaticchio, dal cui nome si intuisce l’uso della retorica giovanilistica, che, tuttavia, portò in aula un consigliere che tanto giovane non era. In uno schieramento avverso, la Lista Paolo Intini. Anche senza portare il nome del suo fondatore, la lista “Per un cambio generazionale vero”, usò ancora una volta la retorica succitata, per portare in consiglio il suo referente.

Spaziando tra i livelli intermedi, potremmo citare tante altre liste, come la lista Con Michele Emiliano. Ma l’elenco sarebbe troppo lungo