La Politica, ieri e oggi/L'Anpi e il suo ruolo a difesa dei valori della Resistenza

Per anni presidente onorario, a Bitonto, fu Pasquale Nacci, testimone delle manifestazioni di giubilo cittadine per la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Stampa l'articolo

 

Abbiamo già avuto modo di affrontare, in questa rubrica, del ruolo dell’antifascismo nella nascita della Repubblica Italiana, accennando all’Associazione Nazionale Partigiani Italiani e al suo ruolo nella memoria della lotta partigiana al fascismo e al nazismo. Oggi, quindi, continuiamo il nostro viaggio tra le organizzazioni collaterali ai partiti, parlando proprio dell’Anpi, di cui proprio quest’anno, a dieci anni dalla chiusura della vecchia sede tra via Amedeo e largo Gramsci, è stato riattivato un circolo cittadino, sebbene ancora non abbia una sede stabile.

Nata a Roma nel 1944, mentre il Nord Italia viveva ancora la tragedia della guerra, l’associazione fu fondata dai partecipanti alla Resistenza, ma, da allora, è sempre stata aperta non solo agli ex partigiani, ma a tutti coloro che condividano i valori della lotta partigiana. Soprattutto oggi che, gli ex partigiani sono ormai scomparsi tutti o quasi.

Dopo la fine della guerra, i circoli dell’Anpi si diffusero in tutto il Paese, anche nelle regioni del Sud Italia, sebbene qui gli episodi di resistenza siano stati rari, essendo state liberate prima. Dal Mezzogiorno, tuttavia, provenivano molti partigiani che avevano militato nelle formazioni del Settentrione e anche all'estero, in Jugoslavia, in Grecia, in Albania e in Francia. E lo si può notare anche dalle carte e dai documenti che, negli anni, il circolo bitontino ha conservato, dove c’è traccia di partigiani o di militari che, dopo il ’43, hanno militato nelle formazioni partigiane.

Storicamente, non è stata (e continua a non essere) l’unica associazione che ha come obiettivo la conservazione della memoria della Resistenza. In area cattolica c’è anche la Federazione italiana volontari della libertà (Fivl), nata nel ‘48 per riunire i partigiani di area cattolica, dalla scissione dall'Anpi, a seguito di contrasti ideologici con le anime socialiste e comuniste del movimento partigiano. Esattamente come accadde nel sindacato Cgil, da cui si staccarono i cattolici per fondare la Cisl.

Come si è già detto, in città la sede storica è stata, fino alla sua chiusura, oltre dieci anni fa, un locale in via Amedeo, all’angolo con Largo Gramsci e lì, fino a qualche mese fa, vi era ancora conservato tanto materiale. Materiale che comprende cimeli, liste di caduti in guerra, lettere ai soldati e dai soldati, lettere dei familiari e documenti vari. C’è anche il materiale relativo alle varie iniziative che l’Anpi ha svolto negli anni a Bitonto, compresi incontri pubblici e manifestazioni organizzate con le scuole cittadine. Sono conservati anche disegni dei bambini di quaranta anni fa, realizzate durante alcune di quelle manifestazioni.

L’Anpi di Bitonto organizzava, infatti, anche concorsi per gli studenti e celebrazioni, come la deposizione di una corona di alloro al cippo che, nel ’65 fu eretto in Villa Comunale dall’allora giunta guidata da Domenico Saracino (Dc). Partecipava ai cortei organizzati in occasione della Festa dei Lavoratori, ogni 1° maggio. E, in occasione di tali cortei, come ricordò l’ex segretario del Partito Socialista Franco Matera, gli esponenti dell’Anpi separavano socialisti e comunisti, tra cui c’è sempre stata rivalità, anche a livello cittadino.

«L’Anpi aveva tra gli scopi la lotta al fascismo e all’analfabetismo, non solo culturale, ma anche politico, fenomeno divenuto lampante dopo la caduta delle ideologie. O, sarebbe meglio dire, delle ideologie democratiche, perché l’ideologia fascista non è caduta» ci spiegò qualche mese fa, tra le pagine del “da Bitonto” di febbraio, il professor Enzo Robles, uno dei membri della neonata Anpi, attualmente impegnati in un lungo e delicato lavoro di catalogazione dei documenti conservati.

Nei primi decenni della nostra storia repubblicana, l’Anpi ha avuto un ruolo molto maggiore di quello odierno. Soprattutto nel primissimo dopoguerra, in cui era fresca l’esperienza della guerra. I primi sindaci di Bitonto venivano dall’esperienza della militanza antifascista e alcuni erano stati partigiani. Antifascista, ricordiamo, era il comunista Arcangelo Pastoressa, sorvegliato speciale durante il Ventennio, così come Angelo Custode Masciale che, giovanissimo, si iscrisse al movimento clandestino del Partito Socialista, dopo la messa al bando del partito. Lo fu anche il cattolico Nicola Calamita, nipote di monsignor Francesco Paolo Calamita, una delle voci di Radio Bari, dopo la Liberazione. Ex partigiano fu anche il democristano Pasquale Marrone, mentre il socialista Domenico Larovere fu sorvegliato speciale.

Per anni presidente onorario dell’Anpi, a Bitonto, fu Pasquale Nacci, testimone delle manifestazioni di giubilo cittadine per la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Oggi, purtroppo, il ruolo dell’Anpi nel panorama politico nazionale si è affievolito fortemente, sia per il tempo trascorso, che, insieme ai protagonisti della Resistenza, ha fatto venir meno anche l’attaccamento ai suoi valori, al suo mito, sia per una serie di fattori che affronteremo in seguito, tra cui l’avanzata politica e culturale della destra, negli ultimi decenni.