La situazione drammatica del Maria Cristina approda in Consiglio Comunale. Un tavolo tecnico per vagliare le soluzioni

I toni della discussione hanno raggiunto livelli esasperati quando una dipendente è scoppiata in lacrime e ha iniziato ad urlare, abbandonando l'aula. A quota 23 le mensilità non pagate ai lavoratori

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Il consiglio comunale di ieri è stato celebrato di fronte ad una nutrita folla di spettatori, soprattutto dipendenti dell'asp Maria Cristina. Gran parte della discussione si è consumata sul primo punto all’ordine del giorno, ovvero sulla situazione drammatica dell’istituto, in dissesto finanziario e incapace di erogare da tempo le mensilità ai propri dipendenti, ormai arrivate a quota 23 di arretrati, quasi due anni di stipendio. Tutte criticità sciorinate dalla consigliera Carmela Rossiello (Forza Italia), che ha sottolineato come sarebbe necessario un milione di euro solamente per risolvere la questione legata agli stipendi. La forzista ha poi polemizzato sulla proposta giunta dalla cooperativa tarantina “Costruiamo Insieme” che gestisce i migranti presso il Cas del “Maria Cristina”, su un possibile assorbimento di alcuni dipendenti dell’ente in cambio della concessione di altre aree dell’edificio, destinate quindi al potenziamento del servizio di accoglienza.

 Una soluzione accolta con scetticismo dalla berlusconiana e che potrebbe incontrare degli ostacoli di carattere giuridico, dal momento che i lavoratori dovrebbero mantenere lo status di dipendenti pubblici anche in cooperativa o nella loro eventuale nuova destinazione, una condizione imprescindibile anche per i consiglieri Emanuele Sannicandro (Insieme per la Città) e Dino Ciminiello (Movimento 5 Stelle). La forzista ha colto peraltro l’occasione per ribadire come i migranti siano «in sovraffollamento» e abbiano «ridotto il Maria Cristina in uno stato pietoso». Mentre per quanto riguarda le cooperative, la Rossiello esprime perplessità sul loro uso spesso a «scopi puramente elettorali».

A stretto giro è arrivata la risposta del sindaco Michele Abbaticchio. Il primo cittadino ha illustrato ulteriori problematiche relative alla situazione dell’ente. «L’asta pubblica in cui si metteva in vendita un’ala dell’edificio per ripianare parte del debito è andata deserta», ha ribadito Abbaticchio, aggiungendo che la Città Metropolitana non può erogare nemmeno i 300 mila euro impegnati in due anni per l’ente, in quanto «vige il divieto degli enti locali di traferire un contributo ad un’azienda che versa in una situazione economica grave».

Ma sul tavolo delle proposte c’è anche quello di una possibile mobilità per i dipendenti, che può procedere in due direzioni, a detta del sindaco: verso i Comuni di Bitonto e Palo del Colle, che però possono assumere solamente due dipendenti ciascuno, o verso la Regione che, con un piano di mobilità, può prelevare i lavoratori delle asp in difficoltà (se ne contano almeno altre 12 in difficoltà, secondo il primo cittadino). Mobilità richiesta più volte, secondo i dipendenti, anche attraverso i sindacati, ma rifiutata dal cda dell'ente. «Più che un nuovo presidente, noi vogliamo un commissario liquidatore» ha commentato uno di loro, aggiungendo: «ma prima devono metterci in mobilità».

Dino Ciminiello ha poi condito la discussione snocciolando alcune cifre sui debiti dell’ente, sottolineando che da 636.546 euro di disavanzo nel 2015 si è passati a 1 milione 252 mila euro nel 2016. Un calo dovuto, secondo Abbaticchio,  alla ristrutturazione in quell’anno della Casa della Giovane, oggi occupata abusivamente da tre famiglie e ferma in attesa del provvedimento di sgombero da parte del giudice. Un’altra preoccupazione per il pentastellato è quella di evitare l’ingerenza di interessi privatistici nell’ente, che «deve rimanere pubblico».

A completare il quadro le dimissioni del presidente del "Maria Cristina" Vito Masciale, incompatibile a seguito dell'elezione a segretario provinciale dello SNALS-CONFSAL (Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Scuola). Spetterà alla regione nominare il sostituto, su indicazione del Comune di Bitonto.

In caso di commissariamento dell’asp invece, puntualizza il segretario generale Salvatore Bonasia, «la legge non prevede che il Comune sia destinatario diretto, ma lo contempla fra le alternative, in relazione alle modalità di gestione dell’istituto da parte del soggetto regionale». Sempre Bonasia ha inoltre ricordato come l’asp sia tenuta ogni anno a stilare un atto di ricognizione del personale in esubero, senza il quale vige il «divieto di assunzione e stipulazione di altri contratti», nullificati nel caso in cui siano stati comunque redatti. Una volta compilato questo documento, la pubblica amministrazione ha l’obbligo di ricollocare questo personale in esubero presso altre pa. I dipendenti in esubero sono collocati in una lista di disponibilità, per cui cessa ogni obbligazione di prestazione di lavoro da parte del personale e l’asp deve pagare solo parte dello stipendio fino ad un massimo di due anni, scaduti i quali, si risolve il rapporto di lavoro.

Emanuele Sannicandro ha voluto inoltre rimarcare le responsabilità politiche nella gestione dell’ente, aggiungendo come in passato non si sia rispettata la legge 494 del 1994, che impone la decadenza degli organi alla scadenza del 45esimo giorno di proroga.

Alla fine si è messa ai voti la proposta di istituire una commissione consigliare paritetica che riunisca rappresentanti dei comuni di Palo del Colle e Bitonto, Città Metropolitana, rappresentanza dei dipendenti e della Regione. La proposta, ventilata dal consigliere di maggioranza Pasquale Castellano (Progetto Comune - Viviamo la Città), è stata approvata con l’astensione dei consiglieri di minoranza (escluso Ciminiello, contrario).

A margine della seduta è stata approvata anche la commissione toponomastica: sarà composta da Massimo Lacetera (La Puglia in Più) e Michelangelo Rucci (Governare il Futuro) dalla prima commissione, Gaetano Bonasia (Pd) e Francesco Brandi (Città Democratica) dalla terza commissione, e Emanuele Avellis (Riformisti Cattolici e Popolari) e Antonella Vaccaro (Pd) dalla quarta.