CALCIO - 5 "D"omande a... Gianni Montrone

Appuntamento numero due con la rubrica dedicata ai protagonisti della stagione del Bitonto: intervista al capitano neroverde

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Tutte le squadre di calcio, qualunque sia la categoria di loro competenza, possiedono una metaforica spina dorsale, un asse verticale che solo se solido e coordinato alla perfezione può dare all’intero “organismo” concrete possibilità di primeggiare sull’avversario di turno. Abbiamo così pensato di intervistare quattro fondamentali tasselli della “colonna vertebrale” in campo (più allenatore, dirigenti e presidente) dell’USD Bitonto Calcio, che ha fatto sognare i suoi tifosi fino al primo gradino delle scale che portano a quel paradiso pallonaro chiamato Serie C, ancora sconosciuto alla nostra città.

La rubrica è partita con Antonio Figliola (leggi qui: http://bit.ly/2JYSgNf), mentre la seconda “puntata” è tutta dedicata al portabandiera per eccellenza di coloro che hanno dato tutto per difendere la porta del giovane numero 1 neroverde (e non solo quella), comportandosi da impavido guerriero e da grande uomo, dentro e fuori dal terreno di gioco. Parliamo, ovviamente, del Capitano, del gladiatore del San Paolo ormai bitontino d’adozione che quest’anno è stato addirittura capace di superare se stesso: Gianni Montrone.

Il Capitano vi augura “buon viaggio”!

Ciao Gianni. Cosa ha rappresentato per te la fascia stretta al braccio, quest’anno? Un pesante onere o un grande onore? La serie D mancava al calcio bitontino da quasi un decennio e nel vostro spogliatoio ce n’erano di calciatori che, per curriculum, carisma e anagrafe, avrebbero potuto indossare quel prestigioso simbolo…

“È stato un grande onore per me indossare quella fascia, al mio secondo anno consecutivo a Bitonto (terzo totale in carriera, ndr). Parliamo di una piazza importante, checché ne possano dire o pensare gli altri… Basti leggere i nomi di chi ci ha giocato, in questa stagione e nel recente passato. La mia investitura è andata in scena nel corso del ritiro marchigiano, la scorsa estate, quando lo spogliatoio ha subito detto di sì alla proposta di mister Pizzulli. C’erano due opzioni, inizialmente: o avrebbe deciso lui arbitrariamente oppure ogni calciatore avrebbe scritto sul classico bigliettino la propria preferenza. Fatto il mio nome dall’allenatore, non è servito procedere con alcuna votazione ‘segreta’ e ringrazio ancora tutti per la fiducia riposta in me”. Fiducia ben spesa, possiamo tranquillamente affermare…

Dopo una serie eccezionale di stagioni giocate a livelli altissimi in Eccellenza, ti sei ripresentato in D (a distanza di sette anni dalla fugace esperienza di Martina, ndr) con le antitetiche premesse dell’“esordiente esperto”. Risultato: hai disputato una stagione da insostituibile pressoché perfetta, impreziosita anche da quattro gol pesanti. Sinceramente, te lo aspettavi?

“Sì, me lo aspettavo. Potrei sembrare presuntuoso ma conosco bene le mie doti, non mi hanno mai spaventato le categorie superiori, né gli avversari, né gli ambienti caldi in cui giocare. Figuriamoci se avrei dovuto temere qualcosa a 33 anni e con tanta esperienza accumulata ai piani alti dell’Eccellenza… Per me, la testa soltanto è ciò che conta, non le categorie”.

Le considerazioni appena fatte rimandano inevitabilmente al quesito pallonaro più affrontato dagli amanti del calcio dilettantistico contemporaneo: qual è il reale divario, nel coefficiente di difficoltà, fra la D e l’Eccellenza (soprattutto quella pugliese)? È risaputo che il tasso tecnico-tattico delle squadre abitanti le zone alte della massima serie del dilettantismo regionale è degno della media della categoria superiore.

“Condivido pienamente questa considerazione. Ho avuto la fortuna di giocare sempre in Eccellenza, ad alti livelli, anche in piazze dove sembrava di essere nel professionismo, per organizzazione, tifoseria, qualità dei calciatori. Se penso ai miei compagni della scorsa stagione e ad alcuni avversari incrociati in Eccellenza, sicuramente le squadre che si giocano la promozione lì hanno il potenziale per fare bene anche in serie D”.

Qual è stato il tuo rapporto con gli under della squadra e con gli altri “senatori” dello spogliatoio? Non dev’essere facile consigliare benevolmente e rimproverare aspramente (quando serve ed evitando di urtare la loro sensibilità) i più piccoli mantenendo sempre l’umiltà di ascoltare a tua volta i suggerimenti dei compagni di squadra più esperti di te come, solo per citarne alcuni, Anaclerio, Biason, De Santis.

“Gli under - forse è un mio difetto - li vedo come ‘fratellini’ e li punzecchio sempre come farebbe un fratello maggiore; ci scherzo, li provoco, nel senso buono del termine, per spingerli a tirar fuori il meglio che è in loro. Non sono cattivo senza motivo ma utilizzo la giusta severità al momento opportuno. Quando ci si deve divertire, va benissimo anche per me, ma quando siamo in battaglia, bisogna combattere. E pedalare… Circa il rapporto con i più grandi, invece, posso affermare che mi comporto da ragazzo molto umile, come mi hanno insegnato in famiglia e realmente sono soprattutto fuori dal campo. Ho sempre accettato i consigli dei più esperti, ad esempio quelli del mio compagno di stanza, da dicembre in poi, Nicola De Santis. Poi, ricordo continuamente le parole del mio caro nonno scomparso, il quale diceva che, nonostante i suoi 80 anni, aveva ancora da imparare…”.

Hai un rapporto speciale con la nostra città, quei colori e con il Presidente Rossiello. Ti vedi ancora a Bitonto in futuro? Come calciatore ancora a lungo (è il nostro augurio!) e, una volta smesso di giocare, magari come allenatore o dirigente?

“Vedere oltre il Calcio, oggi, non mi viene naturale. Voglio fortemente giocare ancora a lungo, sia chiaro (sorride soddisfatto, un po’ preoccupato solo per gli anni che avanzano…)! Sono e sempre sarò riconoscente al Presidente Rossiello, a questa città, a questa società che mi ha fatto ri-esordire in D e regalato tante emozioni. Non c’è molta riconoscenza nel nostro mondo, si sa, ma non ci farebbe affatto male ringraziare una volta di più chi se lo merita per aver fatto qualcosa di bello, utile, importante per noi. Di sicuro c’è che adesso non riesco proprio ad immaginarmi in campo con una maglia diversa da questa…”.

Parole d’amore e attaccamento che fa sempre piacere ascoltare…