CALCIO - Muore Vito Mangialardi, indimenticabile terzino del Bitonto anni Settanta

Secondo alcuni addetti ai lavori, è stato il più grande interprete di quel ruolo

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La storia di una squadra di calcio è una catena infinita di anime, che si intrecciano nel sogno condiviso di una sfera magica da inseguire, in meriggi onirici e lontananti. Quella del Bitonto, poi, se possibile ha un tocco in più di romanticismo, chè di rado ha assaporato la gloria del paradiso - leggasi: professionismo. Una volta, sfiorato d'un punto; un'altra, arpionato, ma d'un subito abolito -, più a lungo ha vissuto anni di purgatorio, sprofondando persino in stagioni infernali. Però, la bellezza è tutta qui: nel correre dietro un cuoio e perdersi in onirici viaggi, che, spesso, manco portavano a nulla. Ma, intanto, chi indossava quella casacca neroverde, si sentiva fiero e indomito come un leoncello. E ne abbiano avuti di campioni, per ogni ruolo. In particolare, sulla fascia, tanti virgulti stellanti, alcuni nati proprio all'ombra del Torrione. Come Lello e Paolo, ma pure Nico, che bitontino è divenuto d'adozione: paradigmi insigni di pedatori in grado di arare la fascia con tecnica e ardore. Ma, giurano gli addetti ai lavori e coloro che ne hanno ammirato le gesta, nessuno è stato grande quanto Vito Mangialardi. Che, non solo saettava imprendibile sulla corsia mancina, facendo ammattire gli avversari, ma sapeva staccare da terra in modo prodigioso tanto da sembrare s'arrampicasse in cielo. Faceva parte della formazione che visse gli anni rodomonteschi dei primi Settanta, sì quelli dei palloni con i poligoni bianchi e neri come il giorno e la notte, della voce che da un altoparlante arrugginito suonava la carica gridando "Takabanda", degli uomini aggrappolati sugli spalti grigi per riscattare in quei minuti fatidici una vita di affanni, dei bambini che piangevano d'emozione ad ogni gol, nella tempestosa e impervia IV Serie. Insieme al furetto veloce come il vento Pinuccio De Michele, a Tonino Sblendorio baluardo difensivo dal piede saggio, al bomber di razza spavalda Cesarino Vitale, al regista euclideo Mario Licinio, al funambolo immaginifico Nicola Rubini, e a tanti altri eroici calciatori, illustrò della sua classe quel fazzoletto di deserto che era il Comunale sull'erta di via Megra. Tanto da restare indimenticabile nella memoria degli appassionati bitontini. E si sa che, nel calcio come nell'amore, entra nel cuore dei tifosi solo chi ci mette l'anima ogni dimentica nell'ora e mezza che conta. Oggi, che - dopo 75 primavere esemplari, nella vicina Modugno -ove concluse la sua lucente carriera, l'esistenza terrena di Vito è giunta al capolinea, sicuramente è principiata l'avventura celeste, per insegnar agli angioletti a volare inseguendo una stella...