VOLLEY - Francesco Racaniello vice di Di Pinto a Taranto in A2

Una vita dedicata alla pallavolo sempre con impegno e passione

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«Ama il tuo sogno se pur ti tormenta», sentenziava pensoso il vate decadente Gabriele D'Annunzio, un secolo fa. Ed è pure il motto stampato sul cartiglio immaginario che adorna il cuore puro di Francesco Racaniello, 35enne nuovo vice di Vincenzo Di Pinto («il Mago, come Oronzo Pugliese famoso suo concittadino», si affretta a precisare, pieno di ammirazione), alla guida della Prisma Taranto, ambiziosa società di serie A2. «Se apro il cassetto dei miei progetti onirici dell’adolescenza – racconta il bitontino –, ci trovo proprio un pallone di pallavolo. Essere riuscito a realizzare tutto questo per me è una rivincita nei confronti di quelli che mi dicevano che non potessi vivere di volley. Unire la passione al lavoro significa fare quel che ami e ti fa superare tante rinunce e tanti sacrifici che potrebbero a lungo pesare e, invece, così ti sembrano leggeri. Se pensano che ti invidiano perché viaggi tanto e non sanno che vedi solo alberghi e parquet». Ma qual è stato il colpo di fulmine decisivo che ha dato l’avvio a questa splendida storia d’amore? «Fui folgorato dal successo in C della Volley ball Bitonto e dal palazzetto dello sport stracolmo di gente e di entusiasmo. Il presidente Vincenzo Schiraldi, col suo consueto «savoir faire», mi invitò a fare del trasporto interiore il mio mestiere. Mi ha cambiato la vita e per questo gli sarò grato per sempre. Non vedo l'ora di dedicargli un successo», si emoziona Racaniello. Che, con la gioia di un bimbo che insegue un aquilone in riva al mare, tenendo ben stretto in pugno il filo bianco, ha preso a girovagare per lo Stivale e per il mondo. «Tutto iniziò dal capoluogo – snocciola un curriculum lungo un papiro, nonostante la giovane età –, dopo i primi passi nello storico sodalizio della mia città. Cercavano uno scoutman in B all'Atletico Bari, e barai sul programma, che finsi di saper usare. La bravura e la pazienza di Pino Lorizio, però, ebbero la meglio nella mia formazione. Poi, venne Gioia del colle in A2 e B1 con Canestracci e Beppe Spinelli, Corigliano in A2, Avellino, dove vincemmo meritatamente la Coppa Italia. A Lione con Prandi nella massima serie francese. Di seguito, l’esperienza a Città di Castello, gli Europei con l’Austria, che emozione stringere la mano del presidente a Vienna, la Coppa del Mondo col Venezuela in Giappone. A proposito, un mondo al contrario, quello nipponico, straordinario, tutto funziona alla perfezione. Due anni a San Marino, quando ho vacillato un po' perché sono venuti meno gli stimoli». Una gavetta importante per un ruolo oscuro, eppur cruciale: «È fondamentale perché devi conoscere non solo i giocatori di diverse categorie, ma anche il mondo dei numeri che non sono una verità assoluta, sono una sorta di bikini, fanno vedere tanto ma non l'essenziale. Se lo fai bene, quasi non se ne accorge nessuno, se lo fai male, diventa controproducente. È la base imprescindibile per una carriera da tecnico». E, infatti, la logica evoluzione è stata proprio questa: «Due anni stupendi ad Ischia da primo allenatore, con vittoria in C, finale di Coppa e salvezza in B. L'anno scorso ad Atripalda in cadetteria ancora, e, qualche settimana fa, la chiamata di Vincenzo, che mi ha fortemente voluto con lui». Una telefonata improvvisa, il fiato sospeso, attimi d’infinita felicità: «Una sensazione meravigliosa. È il maestro dei miei maestri, che sono stati suoi allievi, il massimo che possa desiderare uno che è in fase di crescita come me. Certo, riportare Taranto nel Gotha delle schiacciate sarà un'esperienza probante sotto il profilo dell'impegno, ma mi si gonfia il petto al solo pensarci», conclude raggiante Racaniello.